Charlie Hebdo: pour la libertè d’expression…

di Monica Atzei

7 Gennaio 2015 una giornata che ricorderemo a lungo. Si rientra dalle vacanze natalizie, si riprende la routine con ancora in testa il clima festivo, adombrato, il giorno 5, dalla notizia della scomparsa del cantautore Pino Daniele, colonna della musica italiana e partenopea, ma tutti portiamo avanti i nostri compiti, compresa me.

I giornalisti di Charlie Hebdo uccisi
I giornalisti assassinati

Ma alle 13:00 una notizia mi sconvolge e ci sconvolge tutti: nella sede del giornale satirico Charlie Hebdo, a Parigi, dove si stava svolgendo la riunione dei redattori è stata compiuta una strage. Intorno alle 11:30, un assalto armato composto da tre persone incappucciate e vestite di nero ha sparato con dei kalashinikov, gridato “Allah è grande” ed ha lasciato una scia di sangue: 12 morti e 4 feriti gravi. Sembrerebbe che i terroristi volessero “vendicare il profeta” dopo la pubblicazione di alcune vignette considerate irrispettose.

Questo fatto gravissimo, arriva dopo una altra serie di attacchi succedutisi in Francia nelle ultime settimane, come l’assalto ad una caserma della polizia e i due furgoni lanciati a velocità altissima sui passanti. Feriti a morte, tra gli altri, Charb (Stéphane Charbonnier), direttore del giornale e Georges Wolinski, uno dei più celebri disegnatori satirici francesi. I terroristi mentre fuggivano hanno anche ammazzato un agente di polizia. A questa notizia, rimbalzante su ogni telegiornale e su internet, rimango senza parole e scrivo di getto sul mio profilo facebook questa frase:

”Sgomento e terrore…quale Dio può chiedere all’uomo di uccidere un suo simile? Questa non è religione, puro terrorismo, ma perché? Attacco alla libertà di parola, ad un giornale, alla scrittura… incredula e triste”.

Vignetta sulla strage di Charlie Hebdo

Il giornale Charlie Hebdo, era nato dalle ceneri di Hara Kiri Hebdo, proibito in Francia nel 1970 dopo una copertina giudicata insultante nei confronti del generale Charles De Gaulle, appena deceduto.

Charb, l’attuale direttore, lascia una vignetta, pubblicata nei giorni precedenti la strage: “Ancora nessun attentato in Francia”, si legge sul disegno, mentre un talebano armato risponde: “Aspettate. Abbiamo tempo fino a fine gennaio per farci gli auguri.”
Ora questa vignetta risuona profetica.
Charb aveva sempre detto che era pronto a morire in piedi piuttosto che rinunciare alla libertà di espressione, anche se, già nel 2011 ci fu un primo attentato: venne scagliata una molotov che incendiò la redazione perché il giornale aveva pubblicato delle vignette satiriche su Maometto.

Ora la caccia all’uomo è aperta, la Francia ha innalzato le misure di sicurezza e i controlli, e di rimando anche le altre Nazioni Europee, allarmate da un simile attentato hanno diramato lo stato di massima allerta. Lo spettro dell’Undici settembre non è scomparso dalle nostre menti e questo attacco, forse è il più subdolo e terribile, che si possa fare in un Paese democratico, perché è l’attacco alla libertà di parola, alla libertà d’espressione e alla civiltà.

Non voglio scrivere di religione o di immigrati, di razzismo o di fondamentalismo islamico, questo articolo vuole soltanto essere un ricordo, un omaggio a chi per la libertà di pensiero ha sacrificato la propria vita. Da ieri sui social network e in tutte le lingue del mondo si legge: Pour la liberté d’expression, la liberté de penser… Pour la liberté tout court et en mémoire de toutes les victimes de l’attentat contre Charlie Hebdo, faites circuler cette chaine…

Je suis Charlie, strage Charlie HebdoEt qu’elle aille au delà des frontiers… Je suis Charlie.

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