Decimomannu, il “Mercau Mannu” cerca il rilancio con la gestione della G.A.S. SEMINI

La sindaca Anna Paola Marongiu con l'assessore Massimiliano Mameli inaugurano nel 2015 il “Mercau Mannu” al Polo Fieristico (foto di Tomaso Fenu)
La sindaca Anna Paola Marongiu con l’assessore Massimiliano Mameli inaugurano nel 2015 il “Mercau Mannu” al Polo Fieristico (foto di Tomaso Fenu)

di Sandro Bandu

Era il 3 maggio del 2015, quando la sindaca Anna Paola Marongiu e l’assessore alle Attività produttive Massimiliano Mameli inauguravano in pompa magna, sotto l’egida della Coldiretti, il Mercato Contadino, denominato “Mercau Mannu”, al Polo fieristico della Piazza Santa Greca di Decimomannu, finanziato dalla Regione Sardegna con fondi europei. L’intento era quello di valorizzare il sito Polo fieristico e nel contempo incoraggiare la vendita di prodotti direttamente dal produttore al consumatore, eliminando tanti passaggi della lunga filiera, così da dare agli acquirenti un prodotto genuino e a prezzi più contenuti.

Tanti gazebo e postazioni dei produttori quel giorno facevano da cornice nella piazza affollata e colorata e dai tanti profumi dei prodotti esposti sulle bancarelle. La gente decimese, e non solo, apprezzò, inizialmente, l’iniziativa e l’appuntamento settimanale veniva rispettato, ma poi l’incantesimo si ruppe. Pian piano l’entusiasmo andò scemando e i clienti cominciarono a disertare gli incontri. I produttori, vista la scarsa affluenza, cominciarono ad abbandonare la piazza decimese e la sparuta pattuglia rimasta cercò in qualche maniera di trovare dei rimedi.

La Coldiretti pensò che forse era il sito la causa del problema: troppo lontano dal centro del paese! E così, in accordo con l’amministrazione comunale, l’esigua ma irriducibile pattuglia delle poche aziende rimaste emigrò in via Veneto, nella periferia opposta del paese, in località “Sa Serra”. Ma le cose non sono cambiate comunque: la gente non affolla più il “Mercau Mannu”, forse è il caso di cambiare anche il nome, perchè di “Mannu” non c’è proprio più niente. Adesso, a neanche due anni da quella festosa inaugurazione del 3 maggio del 2015, ci si rende conto del fallimento e tutti, o quasi, si sono dileguati, compresa la Coldiretti. Sarebbe utile conoscere tutti i dettagli e come sono stati utilizzati i fondi europei, che tra l’altro, come si diceva in apertura dell’articolo, servivano per valorizzare anche la struttura del polo fieristico e quindi non si capisce lo spostamento del mercato.

L'attuale “Mercau Mannu” in via Veneto (foto di Mare)
L’attuale “Mercau Mannu” in via Veneto (foto di Mare)

Quindi la Coldiretti esce di scena e la gestione viene assunta, dal febbraio del 2017, da un nuovo ente: la “G.A.S. Semini” (gruppo acquisto solidale) che tenta il difficile rilancio del “Mercau Mannu”. Chiediamo un incontro con il responsabile delle Pubbliche Relazioni della G.A.S. Semini, Simone Spolitu, che concede l’intervista e ci illustra i punti cardini che tenteranno di risollevare le sorti di questo mercato.

Il responsabile delle Pubbliche relazioni della G.A.S. Semini, Simone Spolitu (foto di Mare)
Il responsabile
delle Pubbliche relazioni della G.A.S. Semini,
Simone Spolitu (foto di Mare)

Signor Spolitu, ci spieghi prima di tutto che cosa è la G.A.S. Semini.
E’ un’organizzazione senza scopo di lucro nata ad Assemini due anni fa, che ha lo scopo di promuovere e valorizzare le attività del territorio, con particolare attenzione alla biodiversità, per dare un giusto valore al lavoro del produttore che deve necessariamente trovare un punto d’incontro con le esigenze di spesa del consumatore”.

Con quali iniziative rilancerete il “Mercau Mannu” cercando di riportare, in primis, i decimesi al mercato e dicendo loro che le vostre proposte sono migliori di quelle della Coldiretti?
“Intanto noi non abbiamo, come aveva la Coldiretti, un contratto oneroso con l’amministrazione comunale. Noi gestiremo il mercato senza gravare sull’amministrazione comunale, la quale, però, si farà carico di promuovere le nostre iniziative attraverso i mass media: tv, radio, giornali. Noi investiamo su aziende del nostro territorio che debbono vendere i propri prodotti ai propri corregionali, ed è qui il punto cardine: dobbiamo dimostrare ai nostri compaesani che i nostri prodotti sono migliori, sono sardi e che non c’è competizione con altri, da tutti i punti di vista, soprattutto da quello della genuinità. Noi dobbiamo fare dell’etica professionale un punto di forza del nostro mercato”.

Attualmente su quanti produttori locali potete contare?
“In questo momento possiamo contare su una quindicina di aziende sarde di Decimo, Assemini, Siliqua, Villacidro, Donori, Oristano e così via”.

Se qualcuno dovesse sgarrare?
“Verrà invitato ad abbandonare la nostra organizzazione e perderà tutte le nostre tutele e i vantaggi che offre la nostra associazione”.

Su cosa contate principalmente?
“Prima di tutto per tutelare le aziende dell’organizzazione puntiamo alla biodiversità: è inutile che nello stesso mercato vi siano tre aziende che vendono le stesse cose, e poi bisogna proporre prodotti d’elite che non si possono trovare dappertutto. Daremo spazio anche all’artigianato locale, con la vendita di cestini in vimini, lavorazione del pane, del cuoio e dei coltelli sardi. Vogliamo che i sardi riscoprano le nostre tradizioni, i nostri sapori. I nostri figli ormai non sanno che differenza esiste tra una pecora e una capra. Stiamo arrivando al paradosso che i nostri bambini pensano che le galline nascano già spennate!”.

Come farete a invertire questa tendenza?
“La questione parte da lontano. Bisogna investire anche sull’aspetto culturale. Sì, la gente deve venire qui al mercato, ma può andare anche a vedere come e cosa si produce nelle stesse aziende. Noi, invece dobbiamo promuovere convegni, dibattiti, incontri direttamente nelle scuole, portando i nostri prodotti e facendo conoscere ai ragazzi, con le lezioni frontali, come si lavora e come si arriva al prodotto finale. Capisco che questo sia un discorso lungo e forse troppo complesso, ma non c’è altra via d’uscita se non vogliamo perdere tutto il nostro patrimonio di conoscenze e tradizioni. Sarebbe bello far conoscere ai ragazzi come si fa a riconoscere un’ape regina dalle altre. Oppure come dalla bava di una lumaca si possa ricavare un cosmetico, un’ottima crema per il viso e\o per il corpo”.

La location sarà sempre questa di via Veneto?
“Per ora siamo qui perché abbiamo ereditato il mercato in questo rione. Non è detto che più avanti non si possa riconsiderare l’idea di tornare al Polo Fieristico. Io sono convinto che non è la location che fa la differenza; penso invece che dobbiamo essere noi a cercare di esaltare la sensibilità della gente portandola a capire che la differenza di un mercato la fa la valorizzazione dei prodotti locali prodotti nel nostro territorio”.

Vulcano n° 91

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *