Fra’ Egidio da Decimomannu

di Ettore Massa

Fra’ Lorenzo, il frate cappuccino, noto e amato per le sue tante qualità e bontà umane, geniale inventore del presepe che per anni e anni ha realizzato nella chiesa e convento di Sant’Ignazio dove prestava la sua opera misericordiosa, dopo una vita intensa di preghiera e dedizione verso gli altri, a pochi giorni dal suo 97° compleanno, il 16 dicembre 2016 ha concluso la sua vita terrena, proprio il giorno in cui con la novena si iniziano i riti del Santo Natale.

Alle migliaia di pellegrini che senza sosta hanno reso omaggio alla salma di Fra’ Lorenzo, ha lasciato con un sintetico ma profondo messaggio “Amo Tutti” il suo testamento spirituale trasmesso a lui dai suoi predecessori in odore di santità Fra Nicola e Fra Nazareno. Ma oltre questi suoi grandi maestri, non dimentica mai e lo cita spesso insieme a loro, Fra’ Egidio da Decimomannu, del quale conserva un’enorme stima considerandolo “uomo di grande spirito di preghiera, di sacrificio e di carità fraterna”.

Ma chi era esattamente Fra’ Egidio da Decimomannu?

Nel 1930 (a 17 anni) con il primo saio di frate
Nel 1930 (a 17 anni) con il primo saio di frate

Figlio di Raimondo e Felicina Schirru, al secolo Giovanni Pisano nasce a Decimomannu il 24 giugno del 1913. Aveva appena compiuto 18 anni quando a Fiuggi, il 23 settembre 1931, vestì l’abito cappuccino ed emise la prima Professione. In seguito fece la Professione Perpetua a Ronciglione col Padre Domenico da Isnello nel 1937. Per onorare il regolamento rigido della famiglia religiosa dei cappuccini, prestò la sua opera in diversi conventi della provincia romana e in Sardegna. A Cagliari, nel convento di Sant’Ignazio rimase per circa dieci anni come esperto cuciniere, sempre gentile e comprensivo, dedito tuttavia anche all’intensa preghiera comunitaria e personale.

Il Padre Generale Benigno da Sant’Ilario Milanese, vista la sua abilità e bontà, lo volle in Curia Generale a Roma dove fu cuciniere meraviglioso e di grande carità. Vi rimase per circa 20 anni, sempre altamente apprezzato per il suo lavoro e soprattutto per la sua testimonianza di preghiera, di silenzio e di bontà verso tutti, specie in favore dei bisognosi, sempre più numerosi alla porta della curia. Ultimamente rientrato in Sardegna gli venne assegnato l’ufficio di portinaio a Cagliari, sempre stimato e ben voluto dai frati e dalla gente. Fu fedele al suo ufficio fino all’anno 1992, servendo i poveri che accorrevano sempre più numerosi al convento. Trascorreva la sua giornata tra il lavoro della portineria e la preghiera in chiesa.

Negli ultimi anni a Cagliari prima della sua morte
Negli ultimi anni a Cagliari prima della sua morte

Dal 1992 fino ai suoi ultimi giorni, visse da vero cappuccino in preghiera e silenzio nell’Infermeria Provinciale, mantenendo sempre quell’impegno di adempiere ciò che aveva promesso fin da giovane. Fratello di continuo raccoglimento in Dio, giorno e notte, di preghiera profonda, fatta con il cuore e con la mente, alimentata dalla lettura della Bibbia e da vari libri di alta spiritualità.

In Curia Generale a Roma compose anche un manoscritto poi dattiloscritto e intitolato “Nozioni fondamentali di cucina”, che contiene tutta la sua esperienza nel preparare i cibi (ancora disponibile nella chiesa di Sant’Ignazio a Cagliari).

La sua vita fu semplice e silenziosa fino alla morte. Morì il 20 settembre 2005, all’età di 92 anni, tra la commozione e il rimpianto generale dei confratelli, degli amici e conoscenti, che lo avevano incontrato e ammirato specie nella sua grande carità verso i poveri, che aveva soccorso con delicato amore durante il suo ufficio di portinaio nel convento di Cagliari. Le sue spoglie mortali riposano ora nella pace dei giusti nella Cappella Funeraria di Bonaria riservata ai frati cappuccini.

Lo vogliamo ricordare con alcuni dei suoi nipoti di Decimomannu per cercare di ricostruire con le loro testimonianze e racconti la sua grande personalità.

Nel 1913 con la nonna Pietrina Orrù e i fratelli Antonio e Cesare
Nel 1913 con la nonna Pietrina Orrù e i fratelli Antonio e Cesare

Era il più piccolo di 3 fratelli, Antonio, Cesare e lui Giovanni, rimasto già orfano di mamma dopo pochi mesi di vita. Infanzia peggiore non gli poteva capitare, da subito senza l’indispensabile amore materno e dopo qualche anno anche con l’improvvisa morte del padre alla giovane età di 35 anni. Rimasti soli i tre bambini vengono allevati dalla nonna Pietrina Orrù che li cresce con sacrificio ma con intenso amore. Giovanni ben presto inizia a svelare le sue intenzioni di dedicarsi a Dio e di volersi prestare ad aiutare le altre persone che soffrono. Quando finalmente riferisce alla nonna che vuole farsi frate, lei candidamente gli risponde: “fillu miu, chi ti sesi decidiu de andai, però, mi raccomandu, fai su para bonu” (figlio mio, se sei deciso ad andare, mi raccomando, fallo come frate buono).

E Giovanni non smentisce la nonna e diventa veramente un frate buono e ben voluto. Spesso capitava a Decimomannu per salutare i parenti ma soprattutto per fare la questua nei paesi. In qualsiasi stagione, con il caldo e con il freddo, vestito della sola tunica e sandali, insieme ad un altro frate, si faceva accompagnare dai parenti, a piedi, nella vicina San Sperate per rifornirsi nei rigogliosi giardini di frutta fresca e, con le bisacce piene rientravano, sempre a piedi, a Decimomannu per riprendere il treno per Cagliari con tutte le provviste da distribuire ai poveri. Nel suo girovagare nei lunghi anni trascorsi tra i conventi per mantenere fede agli insegnamenti di San Francesco, quale voto fatto, oltre a rinunciare a tante altre cose, riuscì ad astenersi di mangiar carne per ben oltre quindici anni.

Non buttava mai niente, neppure le bucce delle fave, dalle quali ne ricavava un’ottima pastetta per fare delle gustose frittelle.

Quando i parenti, incuriositi per la sua vocazione, gli chiedevano perché trascorresse molto tempo a pregare e non guardasse né telegiornali e non leggesse giornali o quotidiani per capire cosa succedeva intorno a lui, rispondeva che pregava perché nel mondo c’è tanto e tanto male.

Nel giorno del suo funerale, durante l’omelia il Frate Priore nel tracciare la vita di fede e amore di Fra’ Egidio, ricorda che spesso gli diceva “Egidio tu andrai in Paradiso”, e lui con quel suo sguardo sereno pacificamente ogni volta rispondeva “Certo”

“Anche se adesso non c’è più Fra’ Egidio”, concluse l’omelia il Frate priore, “noi, continueremo a vederlo, sempre lo ricorderemo e lo sentiremo ogni momento qui insieme a tutti noi”.

Vulcano n° 91

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