Halley e la sua cometa

di Marco Massa, presidente dell’Associazione Astrofili Sardi

Nel numero precedente di questo giornale abbiamo visto l’opera scientifica di Newton, lo scienziato considerato una delle menti più geniali di tutti i tempi. Ma forse la sua opera non avrebbe visto luce se non avesse incontrato colui che viene ritenuto il più grande astronomo inglese, Edmond Halley.

La vita
Halley nacque a Londra nel 1656, solamente 14 anni dopo Newton, da una ricca famiglia. I suoi interessi non si limitarono all’ astronomia ma spaziarono nel campo della matematica, della fisica terrestre e della meteorologia. A sedici anni frequentò l’Università di Oxford che abbandonò nel 1676, prima del conseguimento della laurea, per imbarcarsi su una nave della compagnia inglese delle Indie Orientali, diretta all’isola di Sant’Elena situata nell’Atlantico meridionale. Halley aveva in mente la compilazione di un catalogo della posizione e luminosità delle stelle principali del cielo australe e in un anno misurò la posizione di oltre trecento stelle e osservò il transito di Mercurio sul disco solare. Nel 1678 tornò in Inghilterra e presentò i risultati delle sue osservazioni: l’accoglienza fu trionfale e John Flamsteed, allora direttore del Reale Osservatorio di Greenwhich, che conosceva Halley poiché lo aveva avuto come assistente durante gli anni dell’università, lo definì un novello Thyco Brahe per la precisione dei dati stellari dell’emisfero sud osservati. Per lui fu costruito un osservatorio privato dal quale effettuò osservazioni della Luna, di Saturno e dei suoi satelliti, scoprì il moto proprio delle stelle confrontando le loro posizioni con quelle misurate dagli antichi astronomi greci e ideò un metodo per calcolare la distanza Terra-Sole a partire dalle osservazioni del transito di Venere sul disco solare. Per quanto riguarda la fisica terrestre Halley compì studi sulle maree e sul magnetismo terrestre scoprendo la differenza fra polo geografico e polo magnetico.
Nel 1698, dopo avere conseguito il titolo di Capitano della Royal Navy, Halley ottenne il comando di un piccolo vascello a bordo del quale effettuò tutta una serie di osservazioni dei venti e delle declinazioni magnetiche di una vasta porzione dell’Oceano Atlantico. Nel 1703 gli venne assegnata la cattedra di geometria ad Oxford e nel 1720 successe a Flamsteed nella carica di primo astronomo reale a Greenwhich, un incarico che ricoprì fino alla morte avvenuta il 14 gennaio 1742. Tuttavia la figura di Edmond Halley passerà alla storia soprattutto grazie alla cometa che porta il suo nome.

L’incontro con Newton
Nel gennaio 1684 Halley stava affrontando lo stesso problema con cui aveva avuto a che fare Newton vent’anni prima. Ragionando sulla terza legge di Keplero, Halley era giunto alla conclusione che la forza che governa i movimenti dei pianeti doveva variare con l’inverso del quadrato della distanza con il centro del moto, ma non era riuscito a dimostrarlo. Qualche giorno dopo, durante una conversazione con gli astronomi Robert Hooke e Christopher Wren, sentì riferire da Hooke che lui possedeva quella dimostrazione che però si rifiutava di mostrare. Assillato dal problema, Halley fece visita a Newton a Cambridge e gli sottopose il quesito. Alla precisa domanda di quale orbita avrebbe percorso un pianeta se fosse attratto dal Sole con una forza che varia come l’inverso del quadrato della distanza, Newton rispose prontamente “un’ellisse” e quando Halley gli chiese come facesse ad esserne così sicuro Newton rispose «l’ho dimostrato quasi vent’anni fa». Halley gli chiese di vedere la dimostrazione conscio dell’importanza di questa scoperta . I due si lasciarono con la promessa di Newton di ricostruire la dimostrazione e di inviarla quanto prima ad Halley.
Qualche tempo dopo Halley si vide recapitare il documento con il titolo “De Motu” che era una nuova teoria della gravitazione in grado di rendere conto non solo del movimento dei pianeti ma anche quello della Luna. Al colmo dell’entusiasmo Halley convinse Newton a rendere pubbliche le sue teorie e nacquero così i Principia, l’opera fondamentale di Newton sulla teoria della gravitazione universale, pubblicati interamente a spese di Halley il quale curò anche la revisione delle bozze e il controllo dei calcoli. Nel capitolo dedicato alle comete, Newton dimostra che l’orbita di una cometa può essere un’ellisse (analogamente ai pianeti) ma anche una parabola o un’iperbole all’interno della quale il Sole occupa uno dei fuochi. Nel tratto di orbita in corrispondenza del Sole le tre curve praticamente coincidono; sfruttando questo fatto Newton suggerì ad Halley un metodo per il calcolo dell’orbita. A partire da tre osservazioni si calcola un’orbita provvisoria di tipo parabolico (questa scelta semplifica i calcoli), poi si segue il moto della cometa e dalle successive osservazioni si determina l’orbita reale.

La cometa di Halley
Verso la fine di agosto del 1682 era stata avvistata una nuova cometa che fu osservata e studiata da diversi astronomi in tutta Europa. La vide anche Halley che in seguito ne calcolò gli elementi orbitali con il metodo suggerito da Newton e cominciò a sospettare fortemente che la cometa in passato avesse già fatto visita alla Terra. I suoi studi sulla cometa furono presentati alla Royal Society con i calcoli per la ricostruzione dell’orbita di 24 comete apparse fra il 1337 e il 1698 e il forte sospetto avuto in passato si trasformò in certezza. Le comete apparse nel 1531, 1607 e 1682 hanno caratteristiche orbitali molto simili e sono quasi certamente un’unica cometa che periodicamente, ogni 76 anni, torna a illuminare i cieli terrestri. Halley, infatti, ne previde il ritorno per la fine del 1758 o l’inizio del 1759 e lasciò scritto, per i futuri astronomi, l’invito a cercarla per quella data. La notte di Natale del 1758 Johann Palitzsch, un agricoltore appassionato di astronomia, di una località vicino a Dresda, in Germania, vide attraverso il suo telescopio un piccolo batuffolo luminoso che giorno dopo giorno si spostava sullo sfondo del cielo stellato e aumentava di luminosità. La cometa non mancò l’appuntamento più importante e, puntuale come un buon orologio, fece il suo ritorno illuminando la tomba di Halley, ormai morto da sedici anni. La cometa era tornata ! Le osservazioni successive da cui furono dedotte le caratteristiche orbitali fugarono ogni dubbio in proposito: Halley aveva ragione. La cometa era la stessa del 1531 osservata dall’astronomo Pietro Apiano, da Keplero nel 1607 e dallo stesso Halley nel 1682. Un trionfo della scienza, in particolare di Newton, della sua teoria della gravitazione universale e di tutti coloro che avevano creduto in essa. Per i protagonisti principali fu un riconoscimento purtroppo postumo poiché Halley e Newton erano ormai scomparsi da tempo. Tale oggetto celeste viene tutt’ora chiamato la “cometa di Halley” ! Nei tempi moderni sono state fatte diverse ricerche sull’apparizione della cometa di Halley e il primo passaggio di cui si ha una consistente sicurezza risale al 240 a.C. e nelle antiche cronache cinesi vi sono indizi di passaggi ancora più antichi, nel 466 a.C. e nel 1057 a.C. ma non si ha certezza. Famosissimo è invece il passaggio del 1301 al quale Giotto si ispirò per la cometa apposta nel suo affresco riguardante la Natività all’interno della Cappella degli Scrovegni a Padova.

Paura della cometa
Molto importante fu il passaggio del 1910 durante il quale la cometa fu osservata e studiata con tecniche moderne con l’incauta pubblicazione della notizia che la Terra sarebbe stata investita dalla coda della cometa scatenando un’ondata di paura e terrore fra le popolazioni che temevano di morire soffocate dalle presunte esalazioni venefiche sprigionate dalla cometa. Si sapeva fin dal 1908, quando gli astronomi erano riusciti per la prima volta a riprendere lo spettro di una cometa, che nella coda delle comete erano presenti composti velenosi di azoto e carbonio detti “cianogeni”. Nonostante il divulgatore francese Flammarion avesse chiarito che difficilmente tali gas rarefatti avrebbero potuto interferire con la densa atmosfera terrestre, la grande stampa s’impadronì del caso al punto di ingigantire a dismisura i pericoli, ovviamente allarmando vari strati della popolazione mondiale. Come se non bastasse, ad aumentare la paura apparve in pieno giorno, a gennaio, una seconda cometa brillantissima, che fu scambiata per la Halley. La fine del mondo appariva prima del previsto e in parecchi paesi del mondo, specialmente negli Stati Uniti, si segnalarono manifestazioni di panico collettivo. 

La morte del Re d’Inghilterra sembrò la conferma su quanto si sapeva sulla tradizionale fama delle comete come annunciatrici di sventura. Cominciò un lungo periodo di attesa, la coda nella quale la Terra stava per immergersi si vedeva ogni notte più grande e vicina. Cominciarono a manifestarsi fenomeni d’isterismo collettivo, le chiese furono prese d’assalto da folle di fedeli desiderosi di confessare i propri peccati e in tutto il mondo si registrarono centinaia di suicidi. I titoli con cui i giornali salutavano i loro lettori nelle ultime edizioni erano molto categorici. 
Il Times recitava:- ORMAI SIETE NELLA CODA DELLA COMETA, MA NON ABBIATE PAURA. Se questa sarà l’ultima edizione del Times, allora vi arrivi il nostro più sentito addio. Era il 18 maggio, l’ultimo giorno dell’umanità, secondo la follia collettiva che aveva cancellato dal mondo ogni raziocinio. 
L’ora tanto temuta venne e passò, senza che avvenisse nulla di quanto paventato in tutti quei mesi e l’edizione del Chicago Tribune poteva recitare trionfante: -CI SIAMO ANCORA! – 
Mentre la cometa, ignara di aver suscitato tanto panico e disperazione, si allontanava silenziosa e quanto mai innocua. 

L’ultimo passaggio
L’ultimo passaggio della cometa di Halley è avvenuto nel 1986 ed è stato probabilmente il transito più sfortunato dei due millenni precedenti; la cometa passò lontanissima dalla Terra e, nel nostro emisfero, raggiunse a malapena la visibilità ad occhio nudo. Solo al telescopio provai un’emozione fortissima nell’osservarla, riuscendo pure a fotografarla. Per il prossimo passaggio le cose andranno sicuramente meglio per cui arrivederci al 2062!

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