Nessuno alla deriva. Flussi migratori e stragi lungo la rotta del Mediterraneo centrale: un po’ di chiarezza

di Carmen Corda

Si è tenuto venerdì 29 a Cagliari – presso l’Aula A della Facoltà di Scienza economiche, giuridiche e politiche – un incontro che nasce dalla volontà di fare un po’ di chiarezza su quanto sta avvenendo al largo delle coste libiche. Nel corso dell’estate abbiamo infatti assistito ad una campagna di disinformazione che ha indistintamente colpito le Ong impegnate nelle operazioni di salvataggio in mare, accusate di collusioni con i trafficanti.

A moderare gli interventi è Nicola Melis, docente di Storia e Istituzioni dell’Africa mediterranea e del Vicino Oriente.

Il primo intervento è quello di Massimo Alberizzi, a lungo corrispondente dall’Africa in contesti di guerra per il Corriere della Sera e direttore di Africa Express, che sottolinea quanto sia importante fare chiarezza, soprattutto in ragione della falsa rappresentazione della realtà posta in essere quotidianamente dai mass media che «in questo paese non funzionano. Si susseguono una serie di notizie false che servono a giustificare scelte politiche», false notizie che vengono spesso diffuse anche da chi è a favore dell’accoglienza. Si tratta di una vera e propria operazione di ‘creazione del nemico’. I migranti – prosegue – si distinguono in due categorie: i migranti politici e quelli economici, ed è proprio verso questi ultimi che si registra un tendenziale atteggiamento di rifiuto, che non tiene conto del fatto, per esempio, che nei paesi dai quali provengono quei migranti «c’è normalmente un grande sfruttamento da parte delle potenze occidentali che favorisce la corruzione con un forte impatto sui rapporti sociali (…). ‘Forse’ qualche problema glielo abbiamo creato anche noi».

I migranti politici, anche quando non fuggono dalla guerra, subiscono una repressione tale nei loro paesi che li induce a prendere il mare: conoscono perfettamente il rischio e lo accettano pur di fuggire.

Durante l’estate – come riassunto in un volantino distribuito ai presenti – si è verificato “un drammatico rivolgimento nelle strategie che l’Italia e l’Unione Europea mettono in atto per contrastare i flussi migratori che attraversano il Mediterraneo centrale”. È stata inoltre annunciata una “drastica riduzione dei flussi migratori accompagnata dalla dichiarazione del “grande successo dell’Italia”, frutto di accordi con le autorità libiche.

E chi sono queste autorità? Abbiamo spesso letto sui giornali il “governo libico”, “la guardia costiera libica”, ma attualmente in Libia non c’è nessuna autorità che abbia il controllo e che sia rappresentativa di tutto il territorio libico, pertanto qualunque accordo è inefficace e destinato a fallire.

Interviene – via Skype – Fulvio Vassallo Paleologo dell’Associazione Diritti e Frontiere, che spiega che «in questo momento si sta compiendo il piano di attacco complessivo, sta andando a regime l’accordo tra la guardia costiera libica e la guardia costiera italiana che prevede il rinforzo della guardia costiera libica». Si riferisce a quanto scaturito dagli incontri della due giorni in Italia di Haftar, il ‘comandante dell’esercito nazionale libico’ che ha incontrato il Ministro dell’Interno Marco Minniti e il Ministro della Difesa Roberta Pinotto.

L’antecedente era stato l’incontro, nel mese di agosto, con il ‘presidente’ Al-Serraj, quell’incontro che, secondo le dichiarazioni del Viminale, avrebbe aperto il confronto con la Libia e ridotto l’afflusso di migranti nel nostro paese.

Per quel che riguarda nello specifico l’attività delle Ong, si sta completando l’operazione di allontanamento dalle coste libiche e al tempo stesso sta aumentando l’intervento delle vedette libiche. Il cosiddetto “codice Minniti”, il codice di condotta per le Ong impegnate nel salvataggio in mare impone loro forti vincoli, ma la loro azione è stata quasi del tutto bloccata per via delle minacce e dei tentativi di sequestro in mare operati da unità armate che nelle comunicazioni radio si presentano come “guardia costiera libica” ma – per le ragioni spiegate – non è affatto chiaro chi effettivamente siano e a chi rispondano. Presente in aula una parte dell’equipaggio dell’ Astral, il veliero dell’Ong spagnola ProActiva Open Arms, all’àncora a Cagliari.

Il cagliaritano Michele Angioni, capitano dell’Astral, e Riccardo Gatti, capo missione a bordo delle navi Open Arms, raccontano di essere stati bloccati e minacciati nel mese di agosto: «Se non ci seguite vi spariamo». Si trovavano in zona Sar (Zona di ricerca e soccorso) a 27 miglia dalla costa libica, quindi in acque internazionali, fuori dalla giurisdizione di qualunque Stato, secondo il diritto internazionale “terra di nessuno”. Consapevoli del fatto che si fosse al di fuori delle acque territoriali – spiega il capitano Angioni – le vedette libiche intimavano l’allontanamento perché si trovavano in “acque economiche”. Questo è quanto viene detto loro in radio, con tono crescente, come si sente chiaramente nel video mostrato. La nave (la Golfo Azzurro) non stava violando alcuna norma di diritto internazionale. Dopo una lunga conversazione radio, per evitare il peggio, li hanno strategicamente seguiti – come chiedevano – ma senza oltrepassare le 24 miglia, limite oltre il quale avrebbero avuto il diritto di salire a bordo e di procedere con l’ispezione.

A seguito di ciò, quasi tutte le organizzazioni, hanno scelto di non oltrepassare le 50 miglia, con quali conseguenze? Ci saranno più persone che non ce la faranno, arriveranno in meno perché saranno di più le persone che moriranno in mare. Il “grande successo dell’Italia” si spiega con il fatto che lungo le coste libiche operano milizie armate con lo scopo specifico di contrastare l’emigrazione, milizie che intercettano le imbarcazioni dei migranti.

Quelle stesse milizie che fanno i respingimenti in mare, le aggressioni e le deportazioni in una vasta rete di campi e di centri di prigionia dove i migranti subiscono ogni genere di violenza e abuso, quando non uccisi. Screditare le Ong, per chi crede in questa missione, è psicologicamente devastante, spiegano i soccorritori , «pensi di fare del bene e vieni considerato un criminale, in combutta con i trafficanti».

Chi ci crede davvero, lo fa con il solo scopo di salvare vite umane. Si chiama solidarietà ma «l’assurdità dell’oggi è che la solidarietà diviene reato. Hanno istituito il reato di solidarietà», chiosa uno dei presenti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *