Oltre 35 anni fa Goldrake, Jeeg Robot, Mazinga e i cartoni giapponesi arrivano in Italia

Ricordi di gioventù spensierata di noi quarantenni

di Fabrizio Racis

Da circa un mese (20 marzo), dopo la collezione di Goldrake (uscita l’estate scorsa) e subito dopo Jeeg Robot d’ acciaio, (il 2 gennaio) è in edicola con la Gazzetta dello Sport e il Corriere della Sera la serie in dvd del Grande Mazinga, creato dal genio del fumetto e dell’animazione giapponese Go Nagai e prodotta dalla Toei Animation, in una collana da collezione in edizione integrale di 14 dvd (in ognuno 4 episodi) con audio e video completamente rimasterizzati e con scene inedite. Acquistando alcune collane complete, (in attesa di Mazinga Z) ho fatto un salto nel passato, nei miei ricordi da bambino che tutti i giorni, per tutto il pomeriggio fino all’ora di cena, si sciroppava i cartoni di quel periodo. Di Jeeg Robot, ho amato il look originale, l’armatura giallo-verde aggressiva, l’urlo di Hiroshi “Miwa lanciami i componenti!” mentre si trasformava unendo i pugni o quando lanciava le armi contro i mostri Haniwa di Himika: il raggio protonico, il doppio maglio perforante, i missili perforanti e gli scudi rotanti.

Non potrò mai dimenticare quei gesti ripetuti durante i mille giochi di bambino. I pugni che si uniscono con i “pallini” dei guanti di Hiroshi disegnati con la penna sulle nocche e la straordinaria sigla musicale impossibile da dimenticare. “Corri e va per la terra, vola e va tra le stelle, tu che puoi diventare Jeeg! Jeeg va! Jeeg va! Cuore e acciaio, Jeeg va Jeeg va! Cuore e acciaio, cuore di un ragazzo che senza paura sempre lotterà”, cantava lo sconosciuto Roberto Fogu in arte Fogus con la sua voce soul. La serie di Jeeg Robot è sicuramente molto affascinante, ma Goldrake per me rimane ineguagliabile.

Non è un giudizio qualitativo ma un giudizio basato su suggestioni della memoria perché Goldrake è quello che ha dato l’imprinting alla mia infanzia. Chi fa parte della generazione Ufo Robot, alzi la mano! Ci sono anch’io! Una meraviglia, per noi quarantenni che negli anni ‘70-‘80 eravamo bambini, ma anche per chi era più grande.  Goldrake (originariamente trasmesso con il nome Atlas Ufo Robot) fece la sua prima apparizione sui televisori italiani il 4 aprile 1978. Maria Giovanna Elmi, allora annunciatrice della trasmissione Buonasera su Rete 2 (vecchio nome di RAI 2), presentò al pubblico la serie rilevando il successo riscosso all’estero da questi “particolari cartoni animati”. Per la prima volta un Robot giapponese appariva su una rete televisiva italiana in un momento di grande successo per il genere fantascientifico, grazie a film come “Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo” e la trilogia di “Guerre Stellari”. Un’esplosione di azioni e colori, musiche e suoni, anche se molti, me compreso, in quegli anni lo videro in bianco e nero.

Goldrake, si chiamava in realtà “Ufo Robot Grendizer” ed era una serie animata già famosa in Giappone, prodotta dalla Toei Animation, ideata sempre dal genio di Go Nagai (autore anche di Mazinga Z e il Grande Mazinga), ispirata al suo “manga” (fumetto), trasmessa dal 1975 al 1977 in 74 episodi. Fino ad allora, in Italia erano giunte soltanto le serie nipponiche Vickie il Vichingo e Heidi, si vedevano i cartoons statunitensi della Disney, Hanna & Barbera e i Looney Toones, da Tom e Jerry a Mister Magoo, da Bugs Bunny a Willy il Coyote e Gatto Silvestro.

Il protagonista è l’affascinante principe Duke Fleed, un alieno (in tutto e per tutto uguale agli umani) che arriva sulla Terra con il suo avanzatissimo robot da battaglia Goldrake dopo aver condotto la resistenza sul suo pianeta Natale, Fleed, contro gli invasori comandati dal feroce conquistatore di pianeti Re Vega. È accolto all’Istituto di ricerche spaziali dal dottor Procton, e prensenta Goldrake come suo figlio. Sotto la falsa identità di Actarus, e durante i periodi di tregua, vive e lavora come inserviente nella fattoria di Rigel e dei suoi due figli, Mizar e Venusia, innamorata di lui e inizialmente all’oscuro, come chiunque, della sua reale identità. Quando la Terra diventa l’obiettivo del Re Vega, Goldrake combatterà per salvare l’umanità. Il cartone fu subito un ottimo investimento per la RAI: la messa in onda del cartone animato faceva registrare grandissimi ascolti ed esplose una vera e propria Goldrake-Mania e un floridissimo merchandising. L’immagine finì sui prodotti più disparati: dai fumetti ai libri, dagli album di figurine alle maschere di carnevale e poi tatuaggi lavabili, gadget, adesivi, modellini, pupazzi, costumi da spiaggia, orologi e tanti altri oggetti rivolti a un pubblico prettamente giovanile.

Era iniziata l’era della generazione Goldrake le cui immagini si fondono con l’asilo e i miei primissimi giorni di scuola. L’odore del sussidiario e dei pastelli, il fiocco rosa col grembiule, la colazione con l’Ovomaltine (e dentro la confezione, anche lì, un minuscolo Goldrake di plastica! Ovomaltine, ti regala Goldrake e tutta la sua forza!), le uova Kinder. Il vociare durante la ricreazione, il ripetere le mosse dell’ultima puntata con gli amichetti (rituale antico, quello dell’imitazione) e le urla che riecheggiavano nel cortile: Alabarda Spaziale! Maglio perforante! Lama rotante!

A Natale, nelle letterine chiedevamo il modellino del disco volante con dentro il robot, e a carnevale il costume. Tutti cantavano la sigla, tutti volevano essere Actarus o Venusia tanto che il disco 45 giri contenente il singolo Ufo Robot/Shooting Star superò in brevissimo tempo il milione di copie vendute, ottenendo il disco d’oro. “Si trasforma in un razzo missile, col circuito di mille valvole/tra le stelle sprinta e va/mangia libri di cibernetica/insalate di matematica/e a giocar su Marte va”. Musicalmente è un pezzo che possiede una carica epica non indifferente, eccellentemente eseguito dalla variegata e pomposa strumentazione dell’orchestra di Vince Tempera, Ares Tavolazzi e cantata da Alberto Tadini che si esibiva con tanto di tuta da Atlas. Conosciutissimo da chiunque, appassionati e non, ancora oggi, non è raro ascoltarlo nelle discoteche e in molti locali di tutta la penisola. Il successo di Goldrake ebbe anche risvolti negativi a causa delle scene di battaglia che conteneva che misero in allarme i soliti, eccentrici benpensanti, e alcuni sociologi che accusarono i nuovi cartoni di essere diseducativi e inadatti ai piccoli telespettatori. L’ambiguità sessuale dei personaggi era poco gradita e i loro gesti troppo violenti. Anche se la maggior parte dei genitori si appassionava e sedeva accanto ai figli davanti alla TV (a mia madre piacevano molto Heidi, Remì e Conan), alcuni arrivarono a definire i cartoni dannosi per il corretto sviluppo mentale dei bambini. La Rai, comunque, anche a causa di quelle polemiche, dopo Goldrake e Mazinga Z, rinuncerà alla programmazione di nuovi cartoni animati giapponesi, il tutto a favore di molte televisioni private che in quegli anni si stavano affermando. Persino i politici sollevarono un polverone, eppure nello stesso periodo c’erano problemi più seri e gravi: erano gli “anni di piombo”, durante i quali i telegiornali e i quotidiani si riempivano di notizie sempre più preoccupanti e drammatiche. Più tardi, molte animazioni giapponesi furono snaturate del tutto, soprattutto da Mediaset (che allora si chiamava Fininvest), che operava dei tagli alle scene, privandole della loro originalità, cercando di conformarle ad un pubblico d’infanti.

Il successo di Goldrake, comunque, aprì la strada all’invasione dell’animazione giapponese in Italia negli anni ‘80. Chi non li ricorda? Ai nostri tempi c’erano cartoni per tutti i gusti. Le serie robotiche (in ordine sparso) come Mazinga Z, Jeeg Robot d’acciaio, il Grande Mazinga, Daitarn III, Gundam, Danguard, Daltanius, Daikengo, Gordian, Tekkaman, Trider G7, God Sigma, Voltron, Hurricane Polimar, Kyashan. Le folli e bizzarre avventure di Montone, Gigi la trottola, Lamù, Chobin, il Mago Pancione Etc, Sasuke, Coccinella, Yattaman, Calendar Men, il Fantastico Mondo di Paul, l’horror di Devil Man, Fantaman, Carletto Principe dei Mostri e il geniale ladro Lupin III. Le serie di ambientazione storica e quelle venate di malinconie e romanticismo (pensate forse per le bambine dell’epoca) come Ryu, il ragazzo delle caverne, Sam, ragazzo del West, Lady Oscar, il Tulipano Nero, La Principessa Zaffiro, Candy Candy, Anna dai capelli rossi,Lulù, Charlotte, Bia, Memole, Pollon, Flo la piccola Robinson, Remì, Belle e Sebastien, Kiss me Licia, Pollyanna. Per non parlare poi di telefilm come Megaloman, o serie che abbinava il live-action con l’animazione (Zenborg).

C’è stato poi filone dei simpatici animali come Hello Spank, Don Chuck castoro, lo scoiattolo Banner, La banda dei ranocchi, il leone bianco Kimba, L’Ape Maya e l’Ape Magà.

E che dire degli sportivi? La pallavolo in Mila & Shiro, Mimì e la nazionale di pallavolo, il pugilato con Rocky Joe, l’automobilismo con Ken Falco, e il mitico lottatore di catch, Uomo Tigre. Come dimenticare la visione del calcio da parte dei giapponesi in “Arrivano i Superboys” e Holly& Benji? Uno dei più amati era Sampei, il pescatore con le orecchie a sventola e le infradito che in ogni episodio cerca di apprendere il maggior numero di tecniche e segreti della pesca grazie all’aiuto di suo nonno Ippei e del suo maestro Pyoshin. Un simpatico personaggio che faceva venir voglia di provare la pesca!

Fra i più bei cartoni animati apocalittici, oltre che Ken il guerriero, c’è senz’altro, Conan, il ragazzo del futuro, tratto dal romanzo L’Incredibile Ondata di Alexander Key: dopo la terza guerra mondiale, i continenti si sono quasi completamente inabissati in conseguenza delle esplosioni di potentissime bombe magnetiche. Conan vive con suo nonno, pensando che nessun altro essere umano sia sopravvissuto alla guerra, finché non incontra la dolce Lana e combatte contro la dittatura d’Indastria. Delicato, poetico e ricco di valori, Conan è uno dei migliori.

Non mancava la fantascienza con Galaxi Express 999, Capitan Futuro e Capitan Harlock che nel lontano 1979 debuttò su Rai Due. E’ passato tanto tempo, ma lo spirito liberale, quasi anarchico, di quel viandante spaziale piace ancora molto. Una benda sull’occhio destro, una lunga cicatrice sulla guancia sinistra e un teschio con due ossa incrociate sul petto, Harlock era un pirata che con la sua astronave, Arcadia, non solcava i mari, bensì il cosmo. Si ricordava sempre del suo pianeta d’origine, la Terra, ed era sempre pronto a battersi per difenderla. Era il personaggio che più mi affascinava e che piaceva anche al mio papà.

Certo, le serie passate in TV erano moltissime e non le ricordo tutte, quindi i lettori non me ne vogliano per le dimenticanze. La cosa bella è che ci sono rimasti impressi nella mente ed io credo che, ancora adesso che siamo adulti, ci ricordiamo più facilmente le sigle che non, per esempio, alcune poesie studiate a scuola. Da quando gli anime hanno invaso le televisioni di tutta Italia, non c’è stato bambino che non sia cresciuto portando nel cuore almeno una delle sigle dei suoi eroi preferiti. Quelle canzoni ci hanno accompagnato per un lungo tratto della nostra infanzia, facendoci divertire e sognare, e le ricorderemo sempre con una punta di nostalgia. “…Heidi, Heidi, ti sorridono i monti. Heidi, Heidi, le caprette ti fanno ciao! Accipicchia, qui c’è un mondo fantastico! Dolce Remì, piccolo come sei, per il mondo tu vai…”, “Candy oh Candy, che sorrisi grandi che fai, che sapore dolce, che occhi puliti che hai”, “Daitarn! Daitarn! Arriva già il nemico, scatta! Ma tu ci sei amico, Daitarn. Arriva Daitarn III!”, “Dai Conan, questo mondo si può salvare Dai Conan, tuffati in mezzo al mare e poi vai…” e tante, tante altre.

I nostri amati cartoni ci hanno tenuto compagnia negli anni più belli della nostra vita, quelli della nostra infanzia, che di solito è un pensiero felice. Ci emozionavano, ci facevano ridere, piangere e crescere con ideali che adesso si sono in parte persi. Hanno avuto un ruolo non solo d’intrattenimento ma anche educativo, trasmettendo valori difficilmente riscontrabili nei prodotti mediocri d’animazione giapponese per i bambini di oggi, educati solo alla frivolezza e al consumismo.

Vecchi ricordi di gioventù spensierata impossibili da rimuovere, che ci fanno rimanere un po’ ragazzini anche da adulti.
I mitici cartoni animati anni ‘80 resteranno per sempre nei nostri cuori.

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