Villaspeciosa. L’altra metà del Cielo: le Donne

Lo scorso 21 ottobre, in occasione dell’inaugurazione del murale, realizzato dall’artista Davide Pils, presso il Centro Culturale di S. Platano a Villaspeciosa, si è tenuto un piccolo convegno, organizzato dal CIF di Villaspeciosa, al quale ha preso parte, come relatrice, Giuliana Mallei.

Il murale dell'artista davide Pils

di Giuliana Mallei

Viste le numerose richieste, giunte da più parti, di leggere la relazione, Vulcano la pubblica a beneficio di tutti coloro che desiderano leggerla La leggenda racconta che l’8 marzo 1908, in una fabbrica tessile di New York, sarebbero morte, in un rogo, centinaia di operaie.

Dalle mie ricerche è emerso che si tratta di un falso, è un avvenimento che non è mai accaduto. E’ vero però che la festa in onore della Donna nasce nel 1908, ma risale al 3 maggio di quell’anno ed è una data legata ad un evento molto diverso da quello raccontato dalla leggenda. Infatti il 3 maggio 1908 si tenne, nella città di Chicago, una conferenza del Partito Socialista e un oratore, che avrebbe dovuto parlare, si assentò; al suo posto prese la parola Corinne Brown e con il suo intervento denunciò lo sfruttamento quotidianamente subito dalle operaie da parte dei datori di lavoro che, alle donne, riservavano salari più bassi e un maggior numero di ore di lavoro.

Da quel giorno, il Partito Socialista statunitense, raccomandò di dedicare l’ultima domenica di febbraio al Woman’s day. Due anni dopo, nel 1910, si tenne a Copenaghen, la Conferenza Internazionale della Donna, le americane convenute proposero di istituire una giornata comune per la rivendicazione dei diritti delle donne. Non fu trovato un accordo sulla data, ma solo sull’evento da promuovere. Pertanto negli USA continuarono a dedicare alle donne l’ultima domenica di febbraio, mentre in Germania, Austria e Svizzera si scelse il 19 marzo. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, le celebrazioni furono interrotte.

Il ruolo delle donne nella Grande Guerra fu molto importante e di grande supporto. Infatti gli ospedali da campo si reggevano sul volontariato delle Crocerossine, ma anche il lavoro in fabbrica e nelle campagne fu portato avanti dalla parte femminile della popolazione. Solo in Russia, nel 1917, in pieno conflitto mondiale, le donne scesero in piazza per reclamare la fine della guerra, ma ulteriori proteste stravolsero la Russia in quel 1917 e portarono al rovesciamento dello Zar e alla rivoluzione Russa, che si concluse con la nascita dell’Unione Sovietica, ma questa è un’altra storia. Furono però sempre le donne russe a riprendere l’argomento sui diritti delle donne, lo fecero durante la II° Internazionale Comunista nel 1921 e stabilirono che la Festa della Donna avesse luogo l’8 marzo.

La Italia la I° Giornata Internazionale della Donna si tenne il 12 marzo 1922, per iniziativa del Partito Comunista. Ma poi, con il pieno avvento del Fascismo (in quello stesso anno), la Festa della Donna fu accantonata. Solo nel 1977 l’ONU propose ad ogni paese di dichiarare un giorno all’anno “Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne e la Pace Internazionale” e la data individuata fu l’8 marzo. Invece il fiore simbolo, la mimosa, fu individuato da tre donne italiane nel 1946; erano tre donne iscritte all’UDI (Unione Donne Italiane), prima associazione femminista italiana che ha portato in piazza il grido delle donne che chiedevano uguaglianza sociale: diritto di voto, diritto di uguaglianza salariale, diritto di uguaglianza davanti alla legge ecc.

Le tre donne che individuarono la mimosa come fiore simbolo furono: Teresa Noce, Teresa Mattei e Rita Montagnana. Anche le donne sarde si sono distinte, nella Storia, per le loro azioni e per la loro forte personalità. La Sardegna è un’isola felice nel panorama dei diritti delle Donne, infatti la nostra società ha sempre riconosciuto alla Donna un ruolo fondamentale, direi quasi portante, nel tessuto sociale. Ripensiamo ad Eleonora d’Arborea, che alla fine del 1300 fu Regina reggente, a nome dei suoi figli, ed emanò la Carta de Logu, una vera e propria Costituzione, in cui i diritti della Donna erano tutelati. Infatti era stabilito che una donna che subiva violenza, non era costretta a sposare il suo violentatore, ma anzi poteva chiedergli un risarcimento in denaro. Era inoltre previsto il matrimonio a “sa sardisca” che imponeva la comunione dei beni, la parità dei diritti tra coniugi nella compravendita, nelle transazioni e nelle successioni ereditarie.

Con l’arrivo dei Savoia nel 1720, le donne sarde persero questi diritti, pur mantenendo nella quotidianità il loro ruolo primario, ma giuridicamente fu fatto un passo indietro. Non tutte le donne sarde, infatti, accettarono le imposizioni dei Savoia, alcune si ribellarono. Una di queste donne, fiere e indomabili, fu donna Lucia Tedde Delitala. Lucia Tedde Delitala nacque, nella prima metà del 1700, in una ricca e nobilissima famiglia di Nulvi che però in quegli anni era dilaniata da una faida interna tra i Tedde e i Delitala. In particolare i Tedde non accettavano l’arrivo dei Savoia, poiché li consideravano invasori e ancora meno accettavano il regime fiscale da questi imposto, ritenuto enormemente esoso. A causa di questa opposizione ai Savoia, buona parte della famiglia si trasferì in Corsica, altri invece, come donna Lucia, restarono in Sardegna e organizzarono una vera e propria lotta armata. Donna Lucia era convinta di lottare per una giusta causa, perciò fu a capo di un vero e proprio esercito che il governo piemontese considerava un manipolo di banditi.

A cavallo del suo fidato destriero di nome “Tronu” (= Tuono), andava alla carica indossando un mantello rosso e una maschera sul volto. Sono passati alla storia l’assalto contro i soldati del Re del distaccamento di Ozieri e l’assalto alla compagnia dei Dragoni, che portava con sé prigionieri e denaro. In entrambi i casi gli assalti si conclusero con un massacro. L’enorme scia di sangue destò molto scalpore, tanto che il gesuita padre Vassallo riunì a Nulvi i capi delle fazioni Tedde e Delitala per concordare una tregua. La latitanza di donna Lucia fu una latitanza protetta dalla nobiltà che le garantì sempre ospitalità e appoggio. Non si sa quando sia morta, infatti non esiste un atto di morte, probabilmente il decesso avvenne tra il 1755 e il 1760.

Le disposizioni testamentarie di donna Lucia destinarono però 10 mila lire in favore del Collegio dei Gesuiti di Ozieri, la nobil donna era infatti, a suo modo, molto religiosa Tra l’800 e il ‘900 un’altra donna ribelle si distinse per la ferocia nel combattere le ingiustizie imposte dal governo. Si tratta della nuorese Maria Antonia Serra Sanna (detta sa Reìna), sorella di due banditi latitanti, nei quali lei manteneva vivo l’odio contro i nemici attraverso il codice barbaricino non scritto.

In epoca un po’ più recente, altre donne sarde si sono distinte per capacità intellettuali, prima fra tutte Grazia Deledda che nel 1926 fu insignita del Nobel per la Letteratura a Stoccolma. Ancora oggi Grazia Deledda è l’unica donna italiana ad aver ricevuto il nobel per la Letteratura. Ma ci piace ricordare anche Adelasia Cocco che, nel 1915 (quando l’Italia stava per entrare nel Primo Conflitto Mondiale) divenne il Primo medico condotto donna in Italia, per la precisione fu mandata a Lollove. Un’altra donna di grande importanza fu Ninetta Bartoli, che nel 1946, divenne il primo sindaco donna d’Italia, a Borutta. Fu la prima donna eletta come sindaco alle prime elezioni a suffragio universale, la prima volta che le donne italiane votarono.

Villaspeciosa non ha nomi eclatanti da menzionare, ma le nostre bisnonne, nonne e mamme, sono state altrettanto fiere ed eroiche nel quotidiano. La povertà le ha accomunate e, al contempo, le ha legate tra loro con una legame quasi di sangue. La casa di ognuna era sempre aperta alle altre per aiuto reciproco e sostegno morale. In tempo di guerra hanno sostituito gli uomini nei lavori più duri e pesanti, in tempo di pace hanno aiutato nell’organizzazione delle feste per la gioia condivisa di tutti. Ognuna di esse è stata mamma dei suoi figli e dei figli delle altre, aiutandosi a vicenda nell’educarli alla vita, affinché diventassero Uomini e Donne con la U e la D Maiuscole.

Ecco perché Villaspeciosa è oggi pronta, con le sue donne, ad accogliere i tempi nuovi, quelli che il murale preannuncia, accogliendo, quando verranno, donne di etnie diverse che potranno dare il loro contributo al benessere sociale della nostra bellissima Comunità.

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