Assemini-Pianola, il cuore della Sardegna a sostegno dell’Abruzzo

Il responsabile nazionale e internazionale emergenze Emilio Garau e i volontari della Prociv Arci nel teatro del tragico terremoto dell’Aquila
Terremoto dell'Aquila - © Prociv ARCI
© Prociv ARCI

6 aprile 2009, ore 3.32. La Sardegna dorme, l’Abruzzo trema. Non una delle molteplici scosse che hanno allarmato L’Aquila e dintorni nei mesi e nei giorni precedenti, questa volta si tratta di un sisma devastante. Il terremoto dell’Aquila crea uno scenario apocalittico: crolli, morte, disperazione. Immagini agghiaccianti, sui volti della gente è dipinto il dolore per la perdita dei propri cari e di qualsiasi bene, assieme al timore che la terra possa tornare a tremare.
L’Abruzzo chiede aiuto, la Sardegna risponde presente. Così qualche animo generoso della nostra Assemini, insieme ad altri volontari provenienti da vari paesi del Campidano, non hanno perso un solo attimo e si sono diretti verso le zone colpite dal terremoto il giorno stesso in cui è avvenuta la tragedia.

L’asseminese Emilio Garau, responsabile nazionale e internazionale emergenze per la Prociv Arci e, nello specifico, coordinatore della tendopoli di Pianola, ci offre un racconto dei momenti vissuti in terra abruzzese. Un mix di lavoro, tensioni, paure, emozioni e rapporti umani, che si possono riassumere in una sola parola: solidarietà.

Signor Garau, ci racconti cosa è successo dopo aver appreso del terremoto dell’Aquila.
È stato un bruttissimo risveglio. Alle 4 del mattino, pochi minuti dopo la terribile scossa, il dipartimento della Protezione Civile mi ha fatto sobbalzare dal letto mettendomi al corrente dell’accaduto e raccomandandomi di attivare la macchina della Prociv Arci nazionale. Da quel momento nella mia abitazione si è attivata una sorta di sala operativa, con l’intento di stabilire quali fossero le prime squadre da inviare sul posto. La scelta è ricaduta sui nuclei di Narni e Orvieto i quali hanno individuato Pianola, piccola frazione dell’Aquila, come centro più adeguato per la sistemazione della tendopoli. Io e il gruppo di soccorso sardo, giunti alle 20, abbiamo immediatamente ottenuto alcune corriere a bordo delle quali, col supporto del riscaldamento acceso, siamo riusciti a sistemare gli sfollati al caldo. Durante la notte abbiamo montato 72 tende e una tensostruttura di 600 mq, oltre ad aver allestito la cucina. Alle 7 del mattino del giorno seguente tutti potevano contare su una tazza di latte caldo, la nostra è stata infatti la prima cucina da campo ad entrare in funzione in tutta l’area colpita dal sisma.

Qual è la situazione attuale all’interno del campo?
Attualmente si contano 550 ospiti e 120 volontari, senza contare che moltissimi terremotati provenienti da altre tendopoli utilizzano la nostra cucina come punto di riferimento per i pasti. Allo scopo di avere un ridotto contraccolpo psicologico sulle abitudini degli sfollati e per dare loro una vita dignitosa, si è cercato di ricostruire un ambiente quanto più possibile simile ad un paese. Sono state realizzate le strade e ad ogni tenda è stato assegnato un numero civico, è stata perfino ricavata una piazza come luogo di socializzazione. Sono stati installati i bagni chimici e le docce con l’acqua calda, è stato allestito un container lavanderia e la tensostruttura funge da mensa, sala svago e addirittura da chiesa in occasione delle funzioni religiose. L’infermeria e il PMA (Posto Medico Avanzato) garantiscono l’adeguata assistenza sanitaria, è presente un ufficio postale mobile per garantire i servizi primari. Per questo il nostro è stato riconosciuto da Guido Bertolaso (capo della Protezione Civile, ndr) come uno dei campi più organizzati di tutta l’area sismica. Abbiamo inoltre aperto le porte, in maniera sperimentale, ad altre organizzazioni con le quali interagiamo. Gli scout e i clown organizzano momenti di divertimento e svago per i bambini e garantiscono anche agli anziani l’assistenza e il supporto morale necessari. In questo senso un ruolo fondamentale viene svolto dagli psicologi, enorme sostegno per la popolazione così duramente colpita dalla tragedia.

Ci racconti qualche retroscena della vita nel campo.
Un aspetto che in pochi conoscono riguarda la pronta reazione da avere in caso di scosse di terremoto. È infatti opportuno che i bambini, che non comprendono pienamente cosa sta accadendo in quei momenti, vengano separati dai propri genitori al fine di evitare che venga loro a mancare il punto di riferimento; è infatti frequente che gli adulti, durante le scosse, si facciano prendere dal panico. Un’altra curiosità riguarda il momento dei pasti, durante i quali c’è una gerarchia da rispettare. Vengono infatti serviti per primi gli anziani e i bambini, in seguito il resto della popolazione e infine, sempre e solamente per ultimi, i volontari e i soccorritori.

Quali previsioni si sente di fare per i mesi futuri?
La speranza più grande è che il Presidente Berlusconi, che si è speso personalmente e ha messo la faccia, mantenga le promesse fatte alla gente che lo ha implorato disperata. Non si possono ingannare delle persone che hanno chiesto aiuto con le lacrime agli occhi.
Uno dei passi fondamentali avverrà a settembre, quando si auspica che vengano consegnate le prime abitazioni destinate alle vittime del terremoto dell’Aquila. Saranno delle casette in legno che, nelle intenzioni del Premier, verranno in seguito recuperate e adibite ad alloggi per gli studenti. Si penserà poi al futuro, coi lavori per le costruzioni in muratura che verranno gestiti da parte degli stessi proprietari delle abitazioni. In tale modo si potranno evitare le speculazioni delle imprese e si opererà nell’interesse dei proprietari affinché i lavori vengano svolti a regola d’arte.

Cosa pensa della scelta di portare il G8 all’Aquila?
Di certo lo svolgimento del G8 non è di grande aiuto per la normalizzazione della vita della città. Inoltre non è da sottovalutare l’incognita riguardante i Black Block e le eventuali contestazioni che potrebbero arrecare ulteriore disturbo. Sotto altri aspetti questa scelta può essere valutata in modo positivo in quanto giungeranno dei finanziamenti e aumenterà la visibilità del terremoto dell’Aquila a livello mondiale. In questo modo gli stessi leader degli stati più potenti si renderanno personalmente conto della gravità della situazione e potrebbero prendersi carico della ricostruzione di qualche quartiere aquilano o dei comuni della zona.

Le ripetute visite dei politici. Reale coinvolgimento emotivo o semplici sfilate mediatiche?
Non sta a me giudicare il reale intento dei politici. In ogni caso io esigo che tali visite non sconvolgano i normali ritmi della tendopoli e che i lavori in corso d’opera vengano proseguiti senza distrazioni. Se un esponente di spicco sosta nel campo per il pranzo, avrà un pasto identico a quello preparato per la popolazione. Questo è un modo per far toccare con mano il disagio anche a loro, sperando che vengano a trovarci perché realmente sentono il problema.

Quali sensazioni ed emozioni suscita un’esperienza simile?
Secondo il mio pensiero oltre la metà degli italiani non ha compreso la reale portata dell’accaduto, vivere di persona le realtà del terremoto è un’esperienza ben più probante. Infatti, nonostante la mia esperienza ventennale mi abbia abituato a vedere scene forti, continuo a pensare che l’impatto su un giovane volontario alla prima avventura di questo genere possa essere abbastanza duro. Io sono pronto ad una nuova partenza nelle zone colpite dal sisma ma in questi pochi giorni di permanenza ad Assemini continuo a ricevere testimonianze d’affetto tramite sms, telefonate ed e-mail. Vivere insieme la vita del campo e i momenti di paura durante le scosse, sentire i racconti della gente, crea un rapporto particolare, una sorta di filo difficile da spezzare.

Vorrei fare un appello affinché tra alcuni mesi, quando si saranno spente le luci dei riflettori sul terremoto dell’Aquila, la gara di solidarietà continui. Per ora abbiamo infatti un’ampia disponibilità di beni per gli sfollati, ma nei mesi a venire ci sarà bisogno di tanta generosi.

Luca Pes

Pianola, 06/04/2009, il giorno in cui il nostro mondo si è fermato

Cari volontari,
avete lasciato tutte le vostre case, il vostro benessere e i vostri agi senza crearvi nessun problema, spinti da uno slancio di generosità e d’amore verso di noi.
Senza conoscerci, siete venuti a portare il vostro aiuto.
Noi non possiamo offrirvi nulla, non possiamo ospitarvi, non possiamo farvi conoscere la nostra città “bellissima”.
Oggi, per noi, voi siete tutto: fratelli, sorelle, padri, madri e con il cuore noi vi diciamo “GRAZIE”.
Perché ci siete. Per tutto quello che fate.
Siamo certi che nessuno vi dimenticherà e a tutti voi e alle vostre famiglie non possiamo che dire di nuovo grazie e che Dio vi benedica.

 

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