Coronavirus. Come gestire la situazione di allerta in modo ottimale
Guida alle emozioni e ai comportamenti funzionali
Il coronavirus è invisibile e sfuggente, sembra incontrollabile. Combatterlo è una corsa contro il tempo. Ci sono nuove regole, sono ridotti i contatti. Siamo sottoposti a un sovraccarico di notizie. Dobbiamo rinunciare alla nostra tendenza a elaborare ciò che è piacevole. Il nostro spazio emotivo è occupato da informazioni negative, c’è un costante rumore di fondo cui abituarsi. Proviamo a rimanere razionali, ma le emozioni stravolgono ogni pianificazione. In questo stato di allerta una delle reazioni più sperimentate è la paura. È un’emozione primaria che, davanti al pericolo, ci fa produrre adrenalina, ormone che ci prepara all’azione: fuggo o resto immobile. La paura ha protetto i nostri avi da situazioni ostili, senza non riusciremmo a salvarci dai rischi.
Di fronte all’impotenza arriva l’ansia. Siamo in uno stato di attivazione psicofisiologica. La sua funzione adattiva di allarme è buona: ci mette in guardia da ciò che non è positivo. Superata una certa soglia, si va incontro a stress psicofisico. Non reagiamo adeguatamente. Il pericolo è generalizzato, ogni situazione è rischiosa. È così che molte persone avvertono un forte senso di angoscia. Sono avvilite da una paura che deprime, perché siamo impotenti. Alcuni sono colpiti da ipocondria. Tendono a essere eccessivamente preoccupati per il proprio stato di salute, ogni minimo segnale è sinonimo di infezione. Pochi casi degenerano nell’odio verso presunti “untori”.
La situazione è apparentemente incontrollabile. Dobbiamo capire se si sta gestendo la situazione in modo consapevole o irrazionale. Due settimane fa eravamo le stesse persone, ma è cambiato il contesto di inserimento. Le nostre risorse sono invariate. È giusto avere ansia, ma consideriamola preoccupazione e non patologia. Siamo soli e isolati, ma non in solitudine. L’evitamento sociale non è volontario, ma forzato e collettivo. È bene sfruttare la tecnologia per avvicinarci ai cari. È normale non terminare in modo ottimale troppe attività, è meglio dedicarsi a un numero esiguo da concludere con soddisfazione. Siamo disturbati dal rumore di fondo delle informazioni negative. Un risultato negativo può essere vissuto come un fallimento. Chi è più organizzato deve mantenere la routine pianificata, questo è nocivo per chi non lo è. Infine, possiamo ovviare al problema della tempesta di informazioni, non si devono controllare assiduamente i dati. Le informazioni si analizzano correttamente, mai dare credito a frasi non tecnicamente vere e allarmiste.
Meritevoli di attenzione sono i professionisti sanitari. Sottoposti a una pressione continua rischiano il crollo emotivo. «Io andrei ben oltre il burnout» afferma il Dottor Giorgio Nardone, psicologo e psicoterapeuta, in un’intervista a Sanità Informazione. Non sarebbe la ben nota sindrome causata da stress cronico associato al contesto lavorativo. È assente il distacco emotivo, ma presente il sovraccarico emozionale. Coinvolti nell’emergenza innanzitutto come persone, sono però al lavoro da settimane senza sosta come professioni d’aiuto. Ciò a cui andranno incontro sembrerebbe il quadro di un disturbo post traumatico da stress causato da un susseguirsi di traumi.
In questo momento il supporto psicologico è fondamentale. Un gran numero di professionisti è disponibile per prestazioni psicoterapiche a distanza o nei propri studi. Il Consiglio Nazionale Ordine Psicologi ha elaborato un vademecum psicologico consultabile sul proprio sito. Diversi ordini regionali hanno attivato numeri di consulenza gratuita. L’Ordine degli Psicologi della Sardegna è disponibile tutti i giorni dalle 15.00 alle 19.00 ai numeri 800 197500 e 379 1663230. È attivo il Numero Nazionale dei Centri Antiviolenza 1522 per tutte le donne per cui stare a casa non è rassicurante.
Noemi Limbardi