Un decimese al Grande Fratello? Renzo Collu ci spiega il suo lockdown nella struttura sanitaria per anziani di Tuili

 

Un gruppo di operatori sanitari, della Cooperativa Adi 2009, della struttura sanitaria per anziani di Tuili

 

di Sandro Bandu

 

Per oltre 40 giorni il decimese Renzo Collu, operatore sanitario dipendente della Cooperativa ADI 2009 che gestisce ben 7 strutture sanitarie per anziani e pazienti disabili (Nuragus, Barumini, Tuili, Sini, Gonnoscodina, San Nicolò d’Arcidano e Barumini e altre due sono in dirittura d’arrivo per l’apertura, tra cui Decimomannu e Uras), è stato protagonista di un evento legato alla sua professione e necessario per  contrastare gli eventi tragici della pandemia del Coronavirus.

Intanto c’è da premettere che nelle suddette strutture, nel primo lockdown italiano (69 giorni dal 9 marzo al 18 maggio 2020), non si è verificato nessun caso di coronavirus tra gli assistiti e gli stessi dipendenti della  Coop ADI 2009, a differenza di tante altre strutture sanitarie sarde dove abbiamo avuto molti casi Covid e, purtroppo, anche molte vittime.

Quello che vogliamo raccontare oggi ai lettori di Vulcano è una storia particolare accaduta nella struttura sanitaria per anziani che si trova a Tuili, un piccolo paese di neanche mille abitanti che si trova nella regione storica della Marmilla, ai piedi dell’altopiano della Giara.

Purtroppo nei mesi successivi al primo lockdown le cose non vanno tanto bene e anche qui il famigerato virus ha fatto breccia e ben presto 27 pazienti e molti operatori risulteranno positivi al coronavirus, e quindi si è reso necessario, in ottemperanza alle misure imposte dall’ATS (Azienda per la Tutela della Salute), assumere delle decisione drastiche.

Per ben 40 giorni, dal dicembre 2020 a gennaio 2021, saranno precluse le visite dei parenti, la struttura viene divisa in due zone, la cosiddetta zona sporca (Covid) e quella pulita (non Covid). Le uniche persone autorizzate ad entrare erano i medici dell’USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale) il dottor Tatti e il dottor Spanu. All’interno con i pazienti ben 14 dipendenti, tra cui un infermiere, 10 OSS (Operatori Socio Sanitari), 1 educatrice, 1 cuoca e 1 operatrice delle pulizie.

Tra i pazienti contagiati anche un’anziana centenaria, che proprio nel giorno del suo compleanno, quello quindi del raggiungimento del suo primo secolo di vita, riceve il suo referto di negatività che le annuncia la fine dell’incubo: non sarebbe morta a causa del coronavirus.

Purtroppo due pazienti non riusciranno a cavarsela, anche se poi si è appurato che un anziano di 83 anni è morto a causa di uno scompenso cardiaco, mentre un’altra anziana pluripatologica, è morta a causa dell’aggravarsi delle sue patologie.

Tra gli operatori sanitari che si alterneranno nella struttura vi erano anche il decimese Renzo Collu e l’infermiere Ennio Pilleri, coordinatore delle strutture Adi 2009, risultati sempre negativi ai frequenti test del coronavirus.

Li invito in redazione per una chiacchierata e vengono volentieri.

Rompe il ghiaccio Ennio Pilleri:

La pandemia del coronavirus è una problematica che ha colpito tutto il mondo e che ha reso la vita difficile a tutti e a tutte le latitudini. Anche la nostra esperienza è stata molto complicata, sia perché con tanti pazienti ed operatori nello stesso luogo avevamo bisogno di tanti DPI (dispositivi di protezione individuali) e per questo ringrazio il Comune di Tuili e la Protezione Civile per il grande aiuto, ma non dimenticherei il supporto dei medici dellUSCA, il dottor Tatti e il dottor Spanu, sempre puntualissimi nelle visite giornaliere.

Quindi eravate in una sorta di Grande Fratello: una convivenza forzata e direi anche pericolosa

In un certo senso sì, anche se tutti noi prendevamo le giuste e necessarie precauzioni. Lunica persona autorizzata ad entrare nelle due zone ero io: i pazienti e gli operatori effettuavano i tamponi ogni 15 giorni, e se un positivo si negatizzava poteva poi passare nella zona non Covid. Anche il personale positivo, una volta attestata la negatività, poteva poi tornare lasciare il lavoro e tornare al proprio domicilio, sostituito da altri colleghi provenienti dalle altre nostre strutture.

Tra questi il nostro compaesano Renzo Collu, 50 anni, che dopo aver subito un mini lockdown nel novembre scorso nella struttura di Nuragus, veniva inviato a Tuili in sostituzione dei colleghi di Tuili.

 

Nella foto Renzo Collu e l’infermiere Ennio Pilleri – foto di Mare

 

Renzo, come è stata la vita forzata in comune con altri colleghi e pazienti?

Direi unesperienza interessante, talvolta stressante ma, consapevoli del fatto che la situazione era complicata, eravamo un pochino preparati. Anche se mi sono mancate mia moglie e la mia bambina di 11 anni, rimaste a casa. Solo due volte sono venute a Tuili per un fugace saluto a 10 metri di distanza e, tassativamente, fuori dalla struttura.

Dimmi la verità: in questa convivenza forzata, una sorta di grande Fratello, è andato sempre tutto liscio?

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