Mamma, ho perso la scuola!

di Sandro Bandu

Stavolta è stata veramente ardua la ricerca del macro-argomento per questo numero. Tanti i temi interessanti a livello internazionale, nazionale e locale. Nell’ultima riunione di redazione, effettuata per decidere il palinsesto di questo numero, avevamo preso una decisione ben precisa: siamo usciti con due argomenti tosti che abbiamo comunque sviluppato. Il primo: la politica fa ancora presa sugli italiani? Cosa ne pensano, a livello locale, i nostri concittadini? Il secondo: che ricadute avrà sulla nostra nazione, e di conseguenza sul nostro territorio, l’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti d’America?

Ecco questi erano i due argomenti decisi dalla nostra redazione. Certo, soprattutto il secondo è un tema particolare, per specialisti del settore e, per quanto ci riguarda, per l’approfondimento di questo tema la nostra scelta è ricaduta su tre redattori tra i più competenti ed esperti del nostro giornale che, come al solito, hanno sviluppato in maniera egregia il compito a loro assegnato. Certo noi cerchiamo di aprire un varco, di darvi degli spunti, poi ognuno di voi potrà condividere oppure no i nostri approfondimenti che, vi assicuro, sono tratti da studi, da documentazioni, da ricerca, perché il giornalismo è questo. Il vero giornalista è quello che si documenta, che studia, che si aggiorna: questo è il bello di questa professione! Anche se, l’ho detto molte volte, in precedenti articoli, noi non siamo professionisti, non viviamo grazie a Vulcano, ognuno di noi fa un altro mestiere per vivere; però per portare avanti questo giornale ci mettiamo l’anima e soprattutto passione, per questo cerchiamo di farlo sempre dando il meglio di noi stessi; ecco perché in ventuno anni di attività abbiamo raccolto un piccolo ma sicuro consenso, ma è molto facile perdere lettori se ti dimostri incapace e approssimativo.

Nel frattempo sono saltati fuori altri argomenti molto importanti e scottanti per quanto riguarda la vita, e non solo, di tutti noi. Come non si potrebbe trattare un caso come quello di Fabiano Antoniani, in arte dj Fabo? È giusto che una persona decida di morire e, se non può farlo come in questo caso, delegare una persona che lo aiuti a farlo? Terribile dilemma, rispetto al quale ciascuno di noi ha già una propria convinzione e cercherà di dare una risposta in base alla propria cultura, formazione e soprattutto coscienza.
Certo, poi c’è differenza tra caso e caso. Una cosa è quando una persona improvvisamente, a causa di un trauma o malattia improvvisa, non può più comunicare ed è ancora su questa terra solo perché ha un cuore forte che ancora mantiene in vita solo il suo corpo. Allora qui entrano in gioco i famigliari che debbono assumersi la non facile decisione se farlo vivere ancora alimentandolo forzatamente, o farlo morire di stenti non dandogli più da mangiare o da bere. Diverso è se di morire lo chiede un malato di SLA che a lungo andare si ritroverà bloccato in un letto e può solo comunicare attraverso gli occhi, ma qui almeno, magra consolazione, vede i propri cari fino alla fine. Ma tornando al caso del dj Fabo, è giusto far vivere una persona che a causa di un tragico incidente stradale diventa tetraplegico, non riesce più a muovere gli arti e l’intero corpo, ed è diventato non vedente? Terribile, pensate a questo ragazzo, pieno di vita, con una passione per i viaggi, con una vita movimentata per via del suo mestiere, fatta di serate di musica e di feste e poi ritrovarsi improvvisamente inchiodato in un letto. Oggi dj Fabo non c’è più perchè qualcuno lo ha aiutato a trasferirsi in Svizzera per il suo ultimo viaggio. Io non vi chiedo una risposta, ripeto, ognuno ha già una sua idea su questo argomento, ma mi rifaccio a una delle ultime frasi che ha pronunciato il dj Fabo: “Provate voi a stare anche solo una settimana legato su un letto con gli occhi bendati! Pensate se dopo questa settimana avete la coscienza che questa sarà la vostra condizione per il resto della vostra vita…”. Mi fermo qui: vi prometto che sarà uno degli argomenti del prossimo numero.

Alla fine, il tema principale di questo numero è diventata l’incredibile vicenda della decisione assunta dal dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo “Leonardo da Vinci” di Decimomannu, il dottor Alberto Faret, il quale, a causa di un cambiamento d’orario a dir poco contestato, passato attraverso un iter poco chiaro e con modalità che andrebbero chiarite, ha scontentato molte famiglie decimesi, creando un fuggi fuggi generale, perché molti hanno deciso di iscrivere i propri bambini nelle scuole dei paesi limitrofi. Da qui il titolo, parafrasando quello di un famoso film, un po’ ironico ma che rende l’idea, di questo editoriale e della copertina. Questo, oltre a recare un danno di immagine alla stessa scuola decimese, comporterà una serie di problematiche con il disagio per i genitori dei bambini che dovranno accollarsi il viaggio quotidiano con maggiori spese e stress più che raddoppiato. Senza dimenticare le inevitabili conclusioni alle quali arriverà il Provveditorato di Cagliari che, inevitabilmente, eliminerà alcune classi dell’Istituto Comprensivo di Decimomannu, con la paventata perdita di cattedre e la diminuzione del personale ATA.
Il pomo della discordia, come si diceva, è l’orario che sarà spalmato su cinque giorni, con un’ora in più giornaliera, anziché sei. Questo vuol dire entrare alle 8 e uscire alle 14: a prima vista sembrerebbe uno sconvolgimento di poco conto, se non fosse che in mezzo ci sono bambini di sei anni. Solo un dato: da una recente indagine è emerso che in bambini così piccoli il calo d’attenzione avviene naturalmente molto prima rispetto a quelli delle classi più avanti e allora gli insegnanti, grazie alla loro competenza ed esperienza, debbono ricorrere a sotterfugi per ovviare a questo problema. Mi chiedo se ne valeva la pena, perché andrà a discapito delle lezioni che inevitabilmente saranno ridotte e relegherà gli insegnanti al ruolo di baby sitter per mantenere buoni i bambini. Poi ci lamentiamo del fatto che i nostri ragazzi arrivano con basi sempre più scarse alle classi delle scuola Secondaria o delle Superiori: “Chi è causa del suo mal pianga se stesso” recita un famoso proverbio.

Vulcano n° 91

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