1995-2015: i primi venti anni di Vulcano

di Sandro Bandu

“E siamo ancora qua, eh già… eh già!!”

Vulcano compie vent’anni e parafrasando la famosa canzone di Vasco Rossi siamo ancora qua, in piedi, vivi e vegeti; con i capelli più bianchi per i redattori della prima ora e che rappresentano il nocciolo duro di questa irriducibile redazione, e con un manipolo di giovani che, per la verità, entrano ed escono dalla nostra redazione come da una porta girevole.
Giovani che si affacciano con tanto entusiasmo, con un bagaglio culturale notevole, molti di questi sono studenti universitari, alcuni già laureati, che si affezionano al nostro giornale e poi, per vari motivi, soprattutto perché alla ricerca di una sistemazione, ci abbandonano per andare alla ricerca di un agognato lavoro.
Il nostro orgoglio, comunque, è quello di trasmettere a questi giovani la passione per il giornalismo, per la scrittura, o almeno ci proviamo.
In vent’anni, grazie a Vulcano, ben dodici ragazzi hanno maturato i requisiti per l’iscrizione all’Albo dei Giornalisti nell’elenco Pubblicisti: una piccola porta che si apre e che può offrire loro qualche spiraglio, qualche piccola opportunità in un campo, quello dell’editoria, che anch’esso, purtroppo, è stato duramente colpito dalla grave crisi economica che ha investito le economie occidentali e in maniera cruenta il nostro già debole Paese.
Una crisi che ha fatto fallire molte testate, alcune veramente blasonate e di caratura nazionale; la restante parte ha subito dei forti ridimensionamenti per ciò che concerne il cartaceo, costringendole a puntare tutto sul web, sui giornali online.
Pensate, in dieci anni le vendite dei giornali italiani sono calate, nella gran parte dei casi, fra il 25 e il 45 per cento, con picchi del 70 per cento e solo in qualche caso isolatissimo vi è stato un aumento delle copie.
Solo per avere un termine di paragone e rimanere nell’ambito della nostra regione, il quotidiano più diffuso, L’Unione Sarda, in dieci anni è passato dalla vendita di quasi 80 mila copie a poco più di 41 mila.
Ecco, questa è la fotografia poco incoraggiante per la carta stampata in generale e in questo quadro, a dir poco complicato, si inserisce una piccola realtà come la nostra. Vulcano: in vent’anni, come ricorderanno i nostri più affezionati lettori, ha fatto dei passi da gigante. Abbiamo iniziato, nel lontano dicembre 1995, con pochi fogli ciclostilati e in bianco e nero, per poi passare gradualmente al formato parzialmente a colori e con più pagine.
Ci occupavamo solo di Decimomannu e con il passare degli anni abbiamo esteso la nostra attenzione ad altri cinque paesi limitrofi (Assemini, Villaspeciosa, Uta, Villasor e Decimoputzu). Per una scelta ben precisa non abbiamo mai messo in vendita il nostro giornale e abbiamo cercato di coprire le spese di gestione attraverso gli introiti della pubblicità.
Purtroppo, a causa della dilagante crisi economica di cui si parlava prima, molte attività locali non possono più rinnovare il loro impegno e pertanto anche noi abbiamo dovuto ridimensionare il nostro periodico e le nostre uscite. Oggi, comunque, il nostro giornale viene stampato tutto a colori e distribuito ancora in sei paesi.
Abbiamo da alcuni anni un sito web che pian piano sta ottenendo risultati lusinghieri ed è seguitissimo. Il nostro sito è a disposizione di tutti e si sta rendendo utile, oltre che per la pubblicazione dei nostri articoli, anche per la divulgazione dei vari eventi culturali, sportivi e politici che animano le nostre comunità.
Certo, rimaniamo sempre una piccola voce che cerca di fare giornalismo con risorse pari quasi a zero. Con le nostre inchieste intendiamo sviluppare argomenti di carattere nazionale, cercando di far emergere ed evidenziare le ricadute che hanno sul nostro territorio.
Non vi nascondo che è molto difficile fare un giornalismo impegnato, perché tutti noi, per vivere, facciamo un altro mestiere e dedichiamo parte del nostro tempo libero alla passione per il giornalismo, cercando di fare del nostro meglio e di non deludere le vostre aspettative.
In questi anni abbiamo cercato di sviscerare e di analizzare le varie problematiche che attanagliano le nostre realtà. Dai commenti e dalle persone che ci avvicinano riceviamo sempre delle attestazioni di stima, che fanno sempre piacere e ci fanno capire che la strada intrapresa è quella giusta.
Nei numeri precedenti le nostre inchieste hanno toccato i temi più svariati, dalla disoccupazione giovanile alla sempre più oppressiva e odiosa tassazione che prosciuga i nostri risparmi, dalla disaffezione dei giovani verso la politica alla poco esaltante situazione della scuola.
Con il numero odierno faremo una ricognizione delle incompiute delle Opere Pubbliche che nella nostra Italia sono delle vere e proprio cattedrali nel deserto e che gridano vendetta per i tanti miliardi spesi, e in alcuni casi irrimediabilmente sperperati.
Come al solito primeggia il sud: al primo posto in questo triste primato vi è la Sicilia con 215 opere pubbliche da terminare, al secondo posto la Calabria con 93, segue la Puglia con 81 e al quarto posto la nostra Sardegna con 67 opere non completate.
Anche nei nostri Comuni vi sono casi di Opere Pubbliche ferme da decenni e che forse abbisognano di pochi soldi per porre la parola fine dei lavori: talvolta basta solo buona volontà politica e un serio lavoro di ricerca, da parte dei nostri amministratori, per trovare i canali giusti attraverso i quali procurare i finanziamenti necessari per concludere le infrastrutture.
Ecco perché è importante, come si è detto anche in qualche numero precedente, che quando gli elettori vanno a votare scelgano i propri amministratori con oculatezza e con la sicurezza che possano far del bene al proprio paese. Oggi non è più pensabile gettare al vento l’unica arma, quella del voto, che ci è rimasta: ad amministrare ci vogliono persone che, oltre ad avere l’indispensabile patente di onestà, siano anche competenti nel loro campo.

Vulcano n° 86

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *