Cosmologia – Universi possibili

A cura di Marco Massa, presidente dell’Associazione Astrofili Sardi

Premessa
Quando, nel 1964, due radioastronomi americani s’imbatterono per la prima volta in quella che divenne subito nota come la radiazione cosmica di fondo dell’universo, venne confermata l’idea del fisico Gamow, con la predizione che i resti della radiazione emessa sarebbero persistiti fino ai giorni nostri. Si tratta della cosiddetta “eco” del Big Bang che metteva la parola fine a decenni di accese dispute sull’origine dell’universo, confermando quello che oggi è noto come il modello standard cosmologico secondo il quale il nostro universo è nato circa 13,7 miliardi di anni fa da un minuscolo “atomo primordiale” che, attraverso una rapidissima espansione, ancora oggi in corso, ha fatto sì che nascesse il nostro universo.
Questo scenario si è improvvisamente complicato a partire dal 1998. Fino ad allora era convinzione diffusa che l’espansione dell’universo stesse rallentando a causa dell’azione frenante della gravità ma, in quell’anno, fu annunciata la scoperta che l’espansione dell’universo, anziché rallentare, stesse accelerando. Negli spazi intergalattici esisterebbe una misteriosa entità, denominata energia oscura, che si comporta come una specie di antigravità e accelera l’espansione. Un universo che si credeva essere dominato dalla gravità sembrerebbe invece caratterizzato da una lotta fra la gravità che tende a farlo collassare e l’enigmatica energia oscura che tende a dilatarlo. Dall’esito di questa sfida dipenderà il destino dell’universo. Se venisse definitivamente confermata l’esistenza di questa energia oscura e permanesse per molto tempo l’accelerazione dell’espansione dell’universo si avrebbe l’allontanamento definitivo delle galassie l’una dall’altra. Dopo miliardi di anni tutte le stelle consumerebbero la loro energia e il grande gelo avvolgerebbe per sempre tutto l’universo.
Nel caso che l’espansione dell’universo sia destinata ad interrompersi, lo scenario che si prospetterebbe sarebbe profondamente diverso dal precedente. Fino a quando l’espansione continuerà l’universo si evolverà nello stesso modo di prima, ma verrà un giorno in cui l’espansione dell’universo si arresterà ed invertirà il suo corso: comincerà allora l’epoca del Big Crunch (Grande Collasso). Lo spazio, anziché dilatarsi, comincerà a contrarsi, le galassie si avvicineranno sempre di più le une alle altre, l’universo diventerà sempre più denso e caldo fino a quando si arriverà ad una situazione analoga a quella del Big Bang; e questa sarà veramente la fine, la fine di tutto poiché se l’universo è nato dal nulla, nel nulla finirà e con lui tutti i milioni, miliardi o forse trilioni di anni della sua storia.
Ma l’idea di una creazione dal nulla continua a non piacere a molti scienziati. C’era forse qualcosa prima del Big Bang? Questa domanda ha dato vita a nuove ipotesi cosmologiche che potrebbero uscire dal ristretto ambito della pura teoria per essere sottoposte a verifica sperimentale. Ecco alcune ipotesi alternative al Big Bang fra le più note.

1. L’universo che rimbalza
Secondo Abhay Ashtekar e Martin Bojowald, della Pennsylvania University, il Big Bang potrebbe essere stato piuttosto un “Big Bounce”, cioè un grande rimbalzo. Secondo la teoria della relatività, applicata allo studio dell’origine dell’universo, quel punto di dimensioni infinitesimali da cui ha avuto inizio tutto quanto, è una “singolarità iniziale puntiforme” avente un volume pari a zero, ma dotata di energia e densità infinite. Secondo molti scienziati tale singolarità risulta inverosimile sulla base di tutte le leggi fisiche note poiché, in particolare, violerebbe il principio di conservazione dell’energia totale; inoltre si pone in contraddizione con le leggi della meccanica quantistica e le stesse leggi della relatività generale cessano di essere utilizzabili per descrivere la singolarità.
Applicando la meccanica quantistica allo studio della relatività, si potrebbe riuscire a dimostrare che la singolarità all’inizio dell’universo non è realmente tale. La teoria detta della “gravità quantistica a loop” suggerisce che prima del nostro universo un precedente universo in contrazione si sia ridotto ai minimi termini permessi dalla gravità quantistica, in altri termini, prima di giungere alla singolarità, gli effetti quantistici della gravitazione impedirebbero il collasso dell’universo dando luogo ad un vero e proprio formidabile impulso di rimbalzo che porterebbe il cosmo ad espandersi nuovamente.
Questa tesi ben si concilia con le prove dell’inflazione cosmica, quel momento cioè che seguì il Big Bang di poche frazioni di secondo e che comportò un’espansione dello spazio-tempo a un tasso accelerato. Se fino a oggi la teoria dell’inflazione è stata considerata un’ottima prova del modello standard cosmologico, ora potrebbe dimostrarsi non necessariamente collegata all’idea dell’origine dell’universo con il Big Bang, ma conciliarsi piuttosto con l’idea di un “grande rimbalzo”. Insomma l’Universo avrebbe un movimento ciclico ed eterno, ossia una sequenza infinita di Big Bang e successivi Big Crunch (Grande Collasso).

2. Inflazione caotica eterna e multiverso
La teoria dell’inflazione fu proposta nel 1979 da un allora giovane ricercatore americano, Alan Guth, conquistando rapidamente il favore dei cosmologi. L’inflazione risolve molti problemi riguardo i primi istanti dell’universo e sembra prossima alla sua definitiva conferma sperimentale. In quegli stessi anni, il sovietico Andrej Linde, approfondì l’ipotesi e giunse alla conclusione che l’inflazione potrebbe non arrestarsi mai: il nostro universo sarebbe nato da un oceano di energia ribollente associato al vuoto quantistico. Questa energia avrebbe prodotto alcune fluttuazioni molto più importanti delle altre in tempi estremamente brevi che potrebbero espellere spontaneamente gocce di spuma che, una volta staccatesi, evolverebbero secondo le proprie leggi fisiche, sotto forma di interi universi.
In tale schema il nostro universo non sarebbe più unico ma farebbe parte di un “multiverso”. Il nostro universo sarebbe una bolla particolare che si sarebbe staccata dal vuoto quantistico circa 14 miliardi di anni fa. In questa teoria si suppone che esistano tanti universi che appaiono continuamente come bolle in un substrato cosmico primordiale in espansione e soggetto a sporadici cambiamenti. Ognuna di queste bolle, dopo essersi formata, si espande a sua volta secondo modalità dettate dalle condizioni iniziali, innescando l’evoluzione di un mondo fisico a sé. Noi vivremmo in uno di questi mondi in cui si sono instaurate, fra le infinite condizioni possibili, quelle giuste per farci essere come siamo. In questa visione di molti universi, il nostro non sarebbe il risultato di un singolo evento, ma solo uno dei tanti universi possibili, ciascuno retto da condizioni del tutto casuali. La convivenza di universi paralleli non è osservabile e dimostrabile, a meno che qualcuno di questi universi non interagisca in qualche modo con il nostro.

3. Universi-brana
Secondo la teoria delle stringhe, i costituenti della materia possono essere descritti, non come sfere rigide, ma come vibrazioni in uno spazio a undici dimensioni, comprese le quattro a noi conosciute, di cui una è il tempo. Inizialmente venne concepita per unificare la gravità e la meccanica quantistica con l’ambizione di costituire la teoria del “Tutto”, capace di descrivere tutte le leggi della fisica. Trattasi di una costruzione puramente matematica che ancora non ha raggiunto i risultati sperati. In natura nessuno ha mai osservato una stringa e si spera che qualche novità possa giungere dall’acceleratore di particelle LHC al CERN di Ginevra. Negli anni ’90 il fisico americano Witten riunì tutte le varianti della teoria delle stringhe in un unico sistema che chiamò teoria M che si propone di analizzare le proprietà fisiche osservabili proiettandole in uno spazio multidimensionale. Un vantaggio della teoria M è che, grazie alle dimensioni aggiuntive, è possibile analizzare le proprietà matematiche di un evento complesso come il Big Bang con l’intento di scoprirne le origini. Si ipotizza che il nostro universo sia nato dallo scontro tra due superfici multidimensionali, chiamate brane, cariche di energia.
Secondo l’ipotesi dell’universo ciclico di Neil Turok e Paul Steinhardt, il nostro universo è solo una brana a quattro dimensioni in una realtà a molte dimensioni. Di brane ce ne sarebbero infinite, forse, o comunque una grande quantità, che ogni tanto collidono tra loro. Quando il nostro universo-brana si scontra con un altro, si libera un’energia enorme e si verifica una sorta di Big Bang che dà vita a un nuovo universo-brana. Non è escluso che questo scontro possa avere effetti catastrofici su una brana come quella in cui viviamo, ma è presto per farsi prendere dal panico. Si tratta infatti di un’ipotesi lontana dall’essere confermata.

E le prove?
La domanda a questo punto è: resteremo sempre nell’ambito delle teorie matematicamente ben costruite ma non verificabili? Non è detto. Tutti questi modelli, e tanti altri qui non riportati, avanzano delle previsioni. E qui torna in gioco la radiazione cosmica di fondo, che risale a quando l’universo aveva appena 350mila anni. Questo fondo a microonde permette di ricostruire la distribuzione della materia in quel periodo in cui non esistevano ancora stelle o galassie, e i cosmologi ritengono che la radiazione cosmica sia una sorta di mappa che permetterebbe, leggendola attentamente, di capire cosa c’era all’origine dell’universo e forse addirittura prima del Big Bang. Potremmo cioè trovare degli effetti previsti dalle teorie degli universi-brane, sotto forma di onde gravitazionali prodotte dagli scontri tra universi, o prove di un universo precedente, o di un’inflazione che può essere in corso in altre bolle del multiverso. Dopo essere stata indagata dai satelliti della NASA Cobe e Wmap, la radiazione cosmica di fondo è oggi analizzata dall’osservatorio spaziale Planck dell’ESA lanciato nel 2009. Ad ora non è stato possibile discriminare in che tipo di universo viviamo e restano nel campo dell’ignoto i concetti di materia oscura e di energia oscura che sembra costituiscano il 95% del nostro universo osservabile. Quando la scienza verrà a capo di questi enigmi cosmici allora, chissà, scopriremo se c’è stato qualcosa prima del Big Bang.

 

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