“Decreto sicurezza”, cosa prevede e cos’è cambiato con la legge approvata dal governo Lega-M5S?

Mercoledì 28 novembre 2018 il “Decreto sicurezza”, voluto fortemente dall’ex Ministro dell’Interno Matteo Salvini, diventa legge. Hanno votato a favore Lega, Movimento 5 Stelle, Forza Italia e Fratelli d’Italia, mentre PD, LeU e alcuni deputati pentastellati hanno votato contro. Il provvedimento restringe, in sintesi, le possibilità di accoglienza degli stranieri e introduce una nuova serie di norme sulla sicurezza. Nonostante il leader leghista sostenga che il decreto sia fondamentale per migliorare la sicurezza dei cittadini e il fenomeno immigrazione, molti altri affermano che sia incostituzionale e, al contrario, aumenterà le situazioni di irregolarità portando a una maggiore “insicurezza”nel Paese.

Il testo è composto da 40 articoli in totale ed è suddiviso in tre macro aree: sicurezza urbana, lotta al terrorismo e immigrazione. Quest’ultima, la più corposa, è quella che ha suscitato maggiori discussioni tra maggioranza e opposizione. Si tratta di una serie di disposizioni che riguardano i pilastri del sistema d’accoglienza di profughi e rifugiati in vigore fino ad ora in Italia.

In primis, aumentano i reati che annullano la sospensione della richiesta di asilo politico, in seguito a una condanna di primo grado, portando all’espulsione immediata. Tra questi ci sono: violenza sessuale, spaccio, furto e lesioni aggravate a pubblico ufficiale. In particolare, è prevista una procedura immediata davanti alla Commissione Territoriale per cui un eventuale ricorso, non avendo efficacia sospensiva, non verrà tenuto in considerazione, di conseguenza la persona imputata potrà essere espulsa immediatamente.

È prevista l’abolizione della protezione umanitaria che viene sostituita da un permesso di soggiorno per alcuni “casi speciali” tra cui: essere vittime di violenza domestica o grave sfruttamento lavorativo; avere necessità di cure mediche a causa di uno stato di salute gravemente compromesso; provenire da un paese in una situazione di “contingente ed eccezionale calamità”. È previsto infine un permesso di soggiorno per chi si sarà distinto per “atti di particolare valore civile”. Questo tipo di permesso ha durata di due anni e non può essere rinnovato. Inoltre, lo status di protezione internazionale viene ritirato se il rifugiato ritorna, anche temporaneamente, nel suo paese d’origine.

Raddoppiano i tempi di trattenimento nei centri per il rimpatrio: si passa dai 90 giorni ai 180 giorni. Si procede alla revoca della cittadinanza in caso di condanna in via definitiva per reati legati al terrorismo. Potrà inoltre essere rigettata una domanda di cittadinanza anche se presentata da chi ha sposato un cittadino o una cittadina italiana. La Corte Costituzionale considera la cittadinanza tra i diritti inviolabili e pertanto questa disposizione rischia di essere considerata incostituzionale.

Per una velocizzazione dei rimpatri, il decreto ha stabilito un incremento dei fondi: 500 mila euro per il 2018, 1,5 milioni per il 2019 e 500 mila euro per il 2020, per un totale di 3,5 milioni di euro. Ma se un rimpatrio costa, a seconda delle stime, tra i 4 e i 10 mila euro in media, ciò significa che queste risorse permetteranno al massimo di portare a termine 875 rimpatri in più nell’arco di tre anni. E anche in questo caso, si è ben lontani dalla previsione dei «600 mila rimpatri» dichiarati da Matteo Salvini.

Infine, il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR), che fornisce corsi di lingue e altri percorsi di integrazione ed è gestito dai Comuni italiani, sarà riservato soltanto ai minori non accompagnati e a coloro che hanno già ricevuto la protezione internazionale. Gli altri richiedenti asilo saranno accolti dai Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS) e dai Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo (CARA) – che offrono soltanto servizi essenziali – dove attenderanno le decisioni sulle loro domande senza svolgere particolari attività o corsi. Su questo punto si sono espressi l’ex Sindaco di Riace Mimmo Lucano, definendoli «nuovi ghetti», il Presidente dell’ANCI e il Sindaco di Bari Antonio Decaro, che ha definito la norma «un passo indietro». Della stessa idea Claudia Lodesani, Presidente di Medici Senza Frontiere Italia, che ha dichiarato che questa parte del decreto renderà «l’integrazione praticamente impossibile».

Questo perché il decreto, così come presentato, rischia di moltiplicare il numero di stranieri “irregolari” nel nostro Paese che, in quanto tali, non potranno avere un lavoro regolare o ricevere prestazioni sociali. La mancanza di un lavoro e l’assenza di forme di sostentamento, comportano il rischio di una maggiore vulnerabilità e disorientamento, che potrebbero condurre ad attività illegali. Questo è quanto emerge da uno studio dell’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) che prevede che vi saranno circa 60 mila residenti irregolari aggiuntivi da qui al 2020, sui circa 600 mila che si stima siano già presenti nel territorio italiano, con un incremento del 10%.

Ma il “Decreto sicurezza” aggiunge anche un altro tassello: la sicurezza urbana. Si tratta di nuove norme che aumentano i poteri di sindaci, prefetti e questori per ciò che riguarda il “decoro urbano” e il mantenimento dell’ordine pubblico. Per fare un esempio, viene ampliato il “Daspo urbano”, con cui sia il Sindaco sia il Prefetto hanno la possibilità di multare e allontanare da alcune zone della città – generalmente si tratta dei centri urbani – coloro che verranno considerati colpevoli di mettere a rischio la salute dei cittadini o, appunto, il decoro urbano. E come si può immaginare, si allude perlopiù ai senza tetto presenti in città.

Sulla stessa lunghezza d’onda, il decreto sicurezza introduce il reato di “blocco stradale” che riguarda coloro che bloccano una strada o i binari del treno; vengono inoltre aumentate le pene per chi entra abusivamente in terreni o edifici privati. Su questo punto si son sollevate forti reazioni da parte della società civile, che accusa l’ex Ministro dell’Interno di voler mettere a tacere qualsiasi forma di protesta e manifestazione, anche pacifica. Viene poi riorganizzata l’agenzia per la gestione dei beni sequestrati alla criminalità organizzata: l’acquisto di immobili e società viene esteso anche ai privati. Decisione duramente criticata dalle associazioni antimafia che sottolineano il rischio di una facilitazione del riacquisto dei beni sequestrati da parte degli stessi mafiosi.

Infine, la sperimentazione con pistole a scariche elettriche (chiamate comunemente Taser) viene estesa anche alle forze di polizia municipale di città con almeno 100 mila abitanti.

Francesca Matta

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