Il disoccupato e il Coronavirus

 

 

di Franco Dalmonte

 

(seconda parte)

 

Il problema di cui ci stiamo occupando da alcuni mesi è relativo alla crisi economica e alla conseguente disoccupazione che interessa la nostra zona: stiamo cercando di comprendere quali ne siano le cause e quali i possibili rimedi e, più in particolare, quali siano state e quali saranno nel prossimo futuro le conseguenze della pandemia in atto. Cercando inoltre di capire se tali conseguenze derivino direttamente dal CORONAVIRUS oppure dai provvedimenti assunti e dalle modalità utilizzate dai nostri governanti (a tutti i livelli) per fronteggiarlo.

Sono passati più di 2 mesi da quando ho scritto su “vulcanonotizie.it” che coloro che assumono le decisioni che regolano la nostra vita -dal governo centrale fino all’amministrazione comunale- si sono preoccupati prevalentemente dell’aspetto sanitario, in base alla banale e semplice osservazione che se uno è ammalato non può fare nulla, tanto meno lavorare. Perciò, prima di tutto, si sono preoccupati di salvaguardare la salute di tutti, imponendo il rispetto di alcune regole quali l’uso di mascherine, il distanziamento fisico, l’interruzione di alcune attività lavorative, la chiusura di alberghi, ristoranti, bar, il tutto accompagnato da minacce di multe e sanzioni economiche e da un bombardamento mediatico ininterrotto e assillante (nei telegiornali non si parla d’altro) nella convinzione che, una volta sconfitto il virus, non esisterà più alcun problema e, come nelle favole, vivremo tutti felici e contenti.

Ho anche avuto l’ardire di scrivere, rischiando il linciaggio, che – a mio parere – si sarebbe dovuta dedicare la massima attenzione all’aspetto economico e occupazionale, perché la salute dei cittadini è una conseguenza della ricchezza e del benessere di una nazione. La storia dimostra infatti che le nazioni più povere e con minore sviluppo economico, sono quelle dove le malattie e le pestilenze si diffondono con maggiore facilità, perché non dispongono dei mezzi economici necessari per garantire le giuste cure e non possono permettersi le medicine, le sale operatorie e tutte le sofisticate e costose apparecchiature sanitarie di cui dispongono le nazioni più ricche e più progredite, e questo spiega anche perché i Vaccini contro il COVID-19 siano stati prodotti nelle nazioni più ricche del mondo, dotate dei laboratori di ricerca più avanzati perché dispongono di grandi mezzi e ingenti risorse economiche.

Dobbiamo constatare che la Storia ha sempre ragione. La nostra Nazione, che non può fare affidamento su grandi risorse economiche e che riesce a spendere male anche quelle poche di cui dispone, è infatti riuscita, con le sue scelte, a raggiungere simultaneamente due primati: è la nazione europea col più alto numero di morti e, contemporaneamente, col più alto aumento della povertà (o, se si preferisce, con la maggiore decrescita del PIL). In altre parole e nonostante i proclami governativi, non siamo stati bravi né a salvaguardare la salute né a salvaguardare l’economia. Fra qualche mese (così prevedono gli economisti) si verificherà una grave crisi economica, accompagnata da un crescente impoverimento, perché dovremo cominciare a restituire tutti i debiti che abbiamo allegramente contratto e perché molte aziende moriranno. La crisi causerà un sensibile incremento della disoccupazione anche per il fatto che il 31 marzo cesserà il blocco dei licenziamenti! E, ovviamente, la colpa verrà attribuita al COVID!

Ma mi chiedo: cosa sarebbe successo se, anziché bloccare la attività economiche, in particolare quelle legate al turismo (musei, alberghi, ristorazione, impianti da sci, crociere, etc), che sono di fondamentale importanza per l’Italia e garantiscono un enorme numero di posti di lavoro, si fosse invece deciso di tenere tutto aperto, con le dovute precauzioni e contromisure. Lo hanno fatto altre nazioni europee e non stanno peggio di noi !

Mi sono anche chiesto perché, nel periodo di massima pandemia, le farmacie, gli ospedali, i trasportatori, i ferrovieri, i supermarket, le macellerie, le pizzerie, i giornalai (e via dicendo!) hanno sempre continuato a lavorare! E mi sono inoltre chiesto perché, se hanno lavorato loro, non potevamo continuare a lavorare tutti, assumendo caso per caso i necessari e opportuni accorgimenti. Non mi risulta che i contagi che continuano a verificarsi colpiscano in modo particolare le persone che operano nei settori che ho appena citato e che hanno continuato a lavorare senza interruzioni ed è sorprendente che nessun istituto di statistica abbia studiato il rapporto fra contagi e attività lavorativa.

Il punto è che non bisogna smettere di vivere e di lavorare per non correre il rischio di ammalarsi: si corre il rischio (come sta avvenendo in Italia) di non riuscire comunque a fermare la malattia e, però, di riuscire a creare una gravissima crisi economica, con un enorme numero di disoccupati.

Quando si governa si devono prendere, con rapidità, decisioni difficili: non si possono inseguire troppi obiettivi né avere troppi punti di riferimento. E’ necessario stabilire quale è il valore primario da salvaguardare, il valore da cui discendono tutti gli altri, quello che garantisce la sopravvivenza e ci concede il tempo e la possibilità di proteggere tutti gli altri aspetti che consideriamo importanti. Nel nostro caso si tratta di scegliere fra due priorità: se porre al primo posto l’economia oppure la sanità: e purtroppo la scelta più ovvia potrebbe rivelarsi proprio quella sbagliata.

So di essere in minoranza, ma resto convinto che se si fosse salvaguardata l’economia e l’occupazione si sarebbero create le condizioni ideali per dotare le strutture sanitarie del personale e dei mezzi necessari per fronteggiare e sconfiggere le malattie e, contemporaneamente, si sarebbe mantenuto alto il livello di efficienza del sistema produttivo. Cosa che avrebbe garantito un immediato e robusto rilancio dello sviluppo economico, non appena superato il periodo critico della pandemia.

Non si muore solo di COVID ma anche di altre malattie che si stanno trascurando o che qualche famiglia non sta curando per mancanza di mezzi… e, infine, si può anche morire di fame.

 

 

 

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