Decimomannu. Inaugurata dall’Arci Bauhaus-Vulcano la retrospettiva delle opere di Ines Trinchero

 

 

 

di Sandro Bandu

 

Sabato 16 dicembre è stata inaugurata, presso la sede dell’Arci Bauhaus-Vulcano in via Cagliari a Decimomannu, la retrospettiva di Ines Trinchero con la mostra delle opere provenienti da una collezione privata.

La serata è stata aperta dal giovane pianista Federico Manca che rotta l’emozione ha allietato i presenti con 4 brani di musica classica.

Successivamente la giornalista Sara Saiu ha presentato un ritratto dell’artista Ines Trinchero che riportiamo integralmente:

Resiliente e anticonformista, Ines Trinchero rappresenta la forza femminile per eccellenza. In questo periodo di particolare attenzione alla violenza di genere, lei incarna la determinazione e l’indipendenza di una donna del ventesimo secolo. Nella vita si rivelò generosa e ospitale, propensa a regalare le sue creazioni e ad aprire la sua casa agli ospiti.

Nata a Govone, piccolo borgo piemontese, il 21 dicembre 1924, frequentò il ginnasio a Torino. Si sposò con Giovanni Dessì e con lui ebbe cinque figli. Giovanni la conobbe in Piemonte, dove svolse il servizio militare. Trasferitisi tutti a Decimomannu, Giovanni lavorò come maestro e rivestì il ruolo di sindaco del paese. Ines, invece, si dedicò alla famiglia e alle sue due passioni: la lettura e la pittura. Era infatti circondata da libri, tra cui molti d’arte, e da quadri. Il suo punto debole pare fosse la matematica.

Non rivestì mai la figura della casalinga “tipica”. Era diversa dalle altre mamme, talvolta “scomoda” per i propri figli. Donna colta, moderna e con una spiccata apertura mentale, da giovane era profondamente femminista.

I suoi figli furono al centro della sua vita. Ma un duro avvenimento fece sì che iniziasse a soffrire d’ansia: la perdita di un figlio di soli otto anni, stroncato da una malformazione al cuore. Perse poi un altro figlio, il piccolo di casa, quando a trentuno anni morì in un incidente stradale. Sono in vita Maria Laura, ex insegnante di inglese, Gabriella, ex segretaria amministrativa e Adriano, ex imprenditore innovativo.  Maggiore attaccamento e dedizione all’arte maturò anche dopo la separazione dal marito.

La figlia Maria Laura ricorda un quadro dipinto dalla madre, un cartoncino nero raffigurante una donna con un bambino in braccio e con al piede una catena. Quadro simbolico, rappresentante le difficoltà che le donne e le madri devono affrontare durante la loro esistenza.

Era portata per la pittura, seppur non avesse mai studiato la tecnica. Era creativa e fantasiosa. Sperimentava varie tecniche tra le quali la pittura a olio, l’acquerello, la pittura su vetro e il mosaico. Con i sassolini, separati per colore, inventava delle carinissime raffigurazioni naif. 

Adorava i gatti, soggetto ricorrente nei suoi quadri. Creava anche ceramiche. Comprava la terra dai ceramisti e da alcuni di questi – ad esempio Nioi di Assemini – si faceva cuocere le sue creazioni. Con la creta realizzava specialmente figure di bambine e statuette per il presepe. Le bambine delle sue ceramiche avevano un’aria serafica e felice che pare le trasmettesse un senso di tranquillità.

Era sempre alla ricerca di nuove tecniche e grazie alla sua spiccata manualità riusciva anche a realizzare vestiti e maglioni. Manualità e buon gusto che ha trasmesso anche ai figli, abituati a vederla creare ininterrottamente qualcosa di nuovo.

Un periodo della sua vita lo dedicò a riprodurre le icone orientali, soprattutto le raffigurazioni della Madonna. Ritrattista d’eccellenza, le venivano spesso commissionati dipinti dalle famiglie dei dintorni di Decimo. Ne è un esempio anche un quadro che le venne ordinato da Giorgio Talmassons, il quale raffigura il castello di Gorizia, suo paese d’origine.

Quand’era ancora in vita vennero organizzate alcune mostre in Sardegna, talvolta curate dalla nuora laureata in storia dell’arte che, vista la sua esperienza, sapeva meglio riconoscerne il valore e il talento pittorico. Le mostre, richiedendo molte spese, erano perlopiù a livello amatoriale. Avrebbe voluto guadagnare di più dal suo lavoro, ma il mercato non c’era.

Altri soggetti a lei cari erano i paesaggi e gli ambienti paesani. Sopra il caminetto di casa sua, in via Grazia Deledda, c’era un dipinto che raffigurava un paesaggio e le danze sarde. Realizzava anche quadretti con piccoli personaggi ispirati alle decorazioni delle favole, che richiedevano fantasia, pazienza, dedizione e minuzia. 

Dipinse quasi fino alla morte, sopraggiunta nel 2018, a pochi giorni dal suo 94esimo compleanno. Oggi riposa nel cimitero di Decimomannu.

In conclusione un estratto di recensione critica fatta da Marcello Serra e riportata nel libro Artisti sardi contemporanei, di Gavino Colomo, 2001, edizione D. Emme: «La sua opera rivela due virtù squisitamente femminili: la pazienza e il buon gusto. Della prima ella si avvale per creare quelle invenzioni di sassolini policromi, sminuzzati e levigati dal mare o dai torrenti, che sostituiscono in queste sue opere le tessere dei mosaici, e che io definirei arazzi in pietra. (…) E tutto trova un felice completamento nella pittura, che appare trattata con bravura, e anche nelle sue spiritose ceramiche, protagoniste d’altre fiabe a tutto tondo (…)».

 

La mostra sarà visitabile dal 18 al 22 dicembre prossimo, dalle ore 18 alle 20, e sabato 23 dicembre alle ore 18 seguirà l’asta di beneficenza.

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