La caduta del Muro di Berlino, 30 anni dopo: cos’è rimasto di quella rivoluzione storica?

Berlino, Porta di Brandeburgo, 1987. Una folla di cittadini della Berlino Est attende trepidante l’arrivo del presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan, che si è preparato un discorso carico di speranza in occasione dei 750 anni del Muro. A un certo punto, riferendosi direttamente all’allora segretario del Partito Comunista dell’Unione sovietica, esclama: «Mr. Gorbacev, tear down this wall!». 

L’invito è chiaro e segna un punto di svolta nella Guerra Fredda che aveva segnato la quotidianità dei berlinesi dell’Est, sotto la sfera politica del “blocco comunista” dal 2 maggio 1945. Quando le potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale decidono di spartirsi il territorio dei vinti, compresa la capitale tedesca. Una spartizione che, tutto sommato, sembra avere inizialmente una “logica”. Infondo si era seguita questa prassi anche per i conflitti combattuti in precedenza.

Ma soltanto sedici anni dopo il volto amico della DDR (Repubblica Democratica Tedesca) si rivela per quel che è: uno stato totalitario, che promette una politica socialista a trecentosessanta gradi in cambio della propria libertà. Personale, culturale, sociale. Lo Stato ti cullava tra le braccia del welfare fin dalla nascita, ma nessuno poteva opporsi alle scelte prese dall’alto. E per controllare che tutti fossero “fedeli alla linea”, venne creata la Stasi, la polizia segreta che registrava e archiviava fascicoli interi di oppositori politici ma anche cittadini comuni. Chi non collaborava, veniva imprigionato in condizioni psicofisiche da far rabbrividire. Alcuni venivano spediti nei gulag, i campi di concentramento sovietici.

È nel 1961 che si inizia a costruire il Muro. Lo si fa di notte, a partire proprio dalla Porta di Brandeburgo, con dei fili spinati, che solo poco dopo verranno sostituiti da una vera e propria barriera. Al loro risveglio i berlinesi non capiscono cosa stia succedendo, famiglie intere vengono divise anche entro i propri appartamenti. C’è chi inizia a preparare le valigie. Molti tentano la fuga: alcuni ci riescono, altri vengono uccisi dalle vedette della DDR, altri ancora vi resteranno intrappolati fino al 9 novembre 1989. 

Fino a quella data nessuno avrebbe mai immaginato che la caduta del Muro di Berlino sarebbe stata possibile. Si diceva che sì, sarebbero aumentati i permessi per poter viaggiare dall’Est all’Ovest. Ma quella barriera architettonica, che ormai faceva parte integrante delle vite di tutti, non sarebbe mai crollata.

Qualcosa però, a pensarci col senno di poi, stava già cambiando. Il 24 ottobre del 1989 Erich Honecker, presidente del Consiglio di Stato della DDR  dà le sue dimissioni. La situazione si faceva tesa, anche a causa delle pressioni della nuova politica del sovietico Michail Gorbacev, che al contrario del collega tedesco chiedeva una svolta riformista fatta di “Glasnost” (trasparenza) e “Perestroika” (ricostruzione). Era una mano tesa all’Occidente che voleva porre fine una volta per tutte alla Guerra Fredda. La Storia gli diede ragione.

Oggi Berlino è unificata, politicamente, ma c’è chi rimpiange – nonostante tutto – il regime comunista. Effettivamente il divario economico tra Est e Ovest non si è mai appianato, anzi. C’è chi parla di una vera e propria annessione della parte orientale a quella occidentale. I più giovani, una volta crollato il Muro, pensavano che il socialismo, adeguatamente riformato, sarebbe stato ancora la loro bandiera. Che ci sarebbe stata un’integrazione tra i due mondi. Ma non fu così.

Ancora oggi l’economia della Germania occidentale è molto più forte rispetto a quella della parte orientale. Non è un caso che proprio in questi ultimi anni si sta assistendo a una nuova ondata migratoria verso la parte più ricca. E i giovani sono la prima perdita della Germania Est, che inizia a farsi sentire.

Le ultime elezioni in Turingia ne sono la conferma. Sono crollati i partiti tradizionali, CDU (centrodestra) e SPD (centrosinistra), quelli che avrebbero dovuto condurre a una vera unificazione delle due Germanie. Crescono invece i partiti più estremisti: die Linke (sinistra progressista) ottiene il 32,2% dei voti, tallonato da AfD (destra sociale) con il 22%. È il segno del fallimento del sistema politico adottato finora, cosiddetto “liberal-democratico”, che non ha fatto altro che allargare le distanze tra chi ha di più – che ha sempre più di più – e chi ha meno – e continua ad avere meno. Anche un leader che sembrava imbattibile, come Angela Merkel, oggi viene abbandonata nelle urne.

La ricorrenza della caduta del Muro di Berlino dovrebbe servire da monito proprio a loro, che in quel non troppo lontano 1989 avevano promesso l’inizio di una nuova epoca. Niente più divisioni. Un’unica strada da percorrere, insieme. Est e Ovest. Ma la strada l’aveva già segnata, ormai trent’anni fa, proprio quel Michail Gorbacev, che fiutando una rivoluzione alle porte dichiarò:«Se non si colgono i cambiamenti in tempo, si rischia di restare indietro nella vita».

Francesca Matta 

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