Nel nostro cielo un rombo di tuono, il film documentario su Gigi Riva

di Carlo Manca

 

Il 12 aprile 1970 è una data che resterà impressa nella mente di generazioni di molti sardi, sportivi e non.

Il Cagliari di Riva batte per 2-0 il Bari e diventa campione d’Italia.

L’entusiasmo nell’isola è incontenibile e si festeggia a lungo in ogni paese.

Dentro e fuori dalla Sardegna la vittoria riunisce tutti i sardi, è il riscatto sportivo di un popolo che da secoli subisce ingiustizie e sfruttamento e grazie al calcio riesce finalmente a rinnovare orgoglio e amor proprio.

La Sardegna degli anni Settanta veniva vista dal resto della nazione alla stregua di una colonia penale: povertà, emigrazione e banditismo erano i concetti che più comunemente venivano legati ai Quattro Mori.  

La straordinaria importanza della figura di Riva è quindi comprensibile a partire dal contesto.

Un giovane fuoriclasse dal carattere riservato arriva a Cagliari senza entusiasmo e con i pregiudizi tipici di un lombardo qualsiasi.

Anche altri suoi compagni di squadra dichiareranno anni dopo che accettarono il trasferimento in Sardegna solo dopo lunghi colloqui, timorosi per la sicurezza propria e della loro famiglia.

L’ambiente di Cagliari però lo fa sentire subito a casa e il giovane attaccante si ambienta velocemente.

Grazie alla personalità del tecnico Arturo Silvestri il gruppo diviene sempre più affiatato e arrivano così le prime soddisfazioni.

Nel 1964, appena un anno dopo l’acquisto di Riva, i rossoblù centrano l’ambita promozione in serie A.

Aumentano gli automatismi e il Cagliari inizia ad affacciarsi con regolarità nella parte alta della classifica.

Appena due stagioni dopo, nel 1966/67, Riva diviene per la prima volta capocannoniere della serie A.

Silvestri, passato al Milan, fa posto al nuovo allenatore Manlio Scopigno.

Il gruppo è forte e unito, il Cagliari esprime un ottimo calcio e scende in campo per vincere contro chiunque, in casa e in trasferta.

Nel 1969 si sfiora l’impresa ma alla fine il tricolore sarà vinto dalla Fiorentina sotto la guida dello storico presidente Artemio Franchi.

È il preludio del trionfale campionato 1969/70, il Cagliari si aggiudica lo scudetto con Riva ancora autentico trascinatore.

Complici anche i successi della Nazionale, campione d’Europa nel 1968 e finalista ai mondiali del 1970, la fama di Riva è ormai di livello mondiale.  

I successi sportivi però spiegano solo in parte l’enorme ascendente del giovane campione.  

Riva ha un carattere particolarmente apprezzato in Sardegna.

La notorietà non gli da alla testa e trascorre il tempo libero tra la gente visitando molti paesi dell’isola, ospite conteso di ogni comunità. Inoltre parla poco, non si mette in mostra, non si tira indietro e mantiene la parola data.

Doti rare le sue, in campo e fuori.

Riva probabilmente raggiunse l’apice del rispetto quando decise di rimanere al Cagliari rinunciando a più riprese ai contratti faraonici offerti in particolare dalla Juventus. 

Divenne così l’autentico mito che è ancora oggi uno dei principali simboli della Sardegna del Novecento.

Aldilà dei meriti sportivi sono soprattutto i suoi valori ed il suo esempio a renderlo diverso dai pur tanti sportivi di livello avuti nell’isola.

Gigi Riva è stato certamente un calciatore di grande successo ma per i sardi rimarrà per sempre soprattutto un modello di umiltà, coerenza e caparbietà.

Il film documentario realizzato da Riccardo Milani ha senz’altro il merito di mettere in luce tutti questi aspetti, il giusto omaggio ad un uomo che ha dato veramente tanto all’Italia ma soprattutto alla Sardegna.

 

 

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