4 gennaio 1865, quando a Decimomannu le proteste sfociarono nel sangue

 

Un morto e un ferito grave. Questo il bilancio di un tumulto operaio scoppiato la sera del 4 gennaio 1865 a Decimomannu, quando un folto gruppo di operai si diresse presso il Municipio per chiedere al sindaco il rispetto delle condizioni contrattuali pattuite tra loro e la Compagnia reale delle ferrovie sarde. La protesta degenerò e i carabinieri aprirono il fuoco sui manifestanti.

 

La Sardegna è stata in più occasioni teatro di aspri tumulti, alcuni dei quali clamorosi. Centoventi anni fa ad esempio i fatti di Buggerru arrivarono in tutte le cronache nazionali, la grande protesta dei minatori fu repressa nel sangue e da questo nacque il primo sciopero nazionale.

Tuttavia quello non fu certo l’unico episodio, né prima né dopo. I malumori tra i lavoratori erano comuni e su questo aspetto anche Decimomannu ha il suo fatto da raccontare.

Nel gennaio del 1865 diverse centinaia di operai erano di stanza nel paese, impiegati nella costruzione delle ferrovie regionali. Questi alloggiavano a Decimomannu perché da qui partiva la diramazione per Siliqua e Iglesias. 

La sera del 4 gennaio circa venticinque operai si sono recati presso il Municipio per chiedere al sindaco di intervenire contro la ditta Smith, Knight e C., rea di non rispettare gli accordi economici.

I carabinieri, intervenuti nel frattempo, hanno cercato di sciogliere il corteo ma per tutta risposta gli operai hanno attaccato i militari con sassi e pistole. 

I militi della Guardia nazionale sono arrivati a dar man forte ai carabinieri e gli operai sono rientrati ai loro alloggi, ma solo per prendere anche pale e picconi.

Poco dopo i più arditi tra loro hanno provato ad attaccare fisicamente i carabinieri, che a quel punto hanno aperto il fuoco colpendo al petto un giovane di ventinove anni e ferendone alla spalla uno di ventitre, entrambi originari della provincia di Vercelli.

Alcune lettere dell’epoca aggiungono altri dettagli.

Non molto tempo prima sei o settecento operai si erano radunati per motivi simili davanti alla giudicatura, in quell’occasione la protesta rientrò, ma da quel momento fu disposta la pattuglia serale della Guardia nazionale.

I carabinieri di stanza a Decimomannu erano sei o sette a cui si aggiungevano circa ottanta militi nazionali, numeri in ogni caso decisamente insufficienti per controllare la moltitudine di operai. 

In altre corrispondenze si legge che la protesta nasceva dal fatto che agli operai era stata promessa una paga pari a oltre 2 lire giornaliere ma essi ne ricevevano solo 1,75 e in più erano costretti a lavorare a cottimo con paghe ridotte. A questo si aggiungono ritardi nei pagamenti, trattenute indebite e alloggi inadeguati.

Informato dell’accaduto il procuratore generale del re chiede al prefetto di intervenire “energicamente” nei confronti della ditta, in modo da ripristinare l’ordine ed evitare ulteriori disordini nel futuro. 

Il direttore della Compagnia ferroviaria, l’on. Sanna Sanna, risponde poco dopo dando la colpa ad alcuni capi squadra, colpevoli a suo dire di non aver distribuito le paghe agli operai pur avendo ricevuto tutto il pattuito. Lo stesso direttore specifica che nei giorni successivi diversi di questi sono stati congedati. 

In realtà le proteste operaie erano fondate perché in seguito un esponente della ditta Smith, Knight e C. ha dichiarato che la società aveva adeguato le paghe alla media dei salari applicati nell’isola e che buona parte degli operai alla fine aveva accettato.

L’avidità e la ricerca del profitto da parte delle grandi compagnie vanno spesso a braccetto con lo sfruttamento dei lavoratori e questo, purtroppo, è un fatto ancora molto attuale.

 

Carlo Manca

 

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