Covid-19, una malattia che ha origini lontane
Nuovo coronavirus, aggressività senza risposta del sistema immunitario
I virus, dal latino vīrus, -i, “veleno”, sono microrganismi non cellulari, parassiti che si replicano dentro le cellule di qualunque altro organismo: uomo, animali, piante, microrganismi, batteri e altri stessi virus.
I coronavirus sono una grande famiglia di virus a Rna (acido ribonucleico), largamente distribuiti tra gli uomini, che causano i comuni raffreddori senza provocare gravi complicazioni e malattie respiratorie, intestinali e neurologiche. Altri sono presenti tra mammiferi e uccelli.
L’ultimo, il 2019-nCoV, è un virus che è mutato ed è diventato un ceppo aggressivo e sconosciuto al nostro sistema immunitario che è, quindi, senza anticorpi per contrastarlo e sconfiggerlo.
Molti coronavirus circolano negli animali e non hanno mai infettato l’uomo. Altri, invece, modificandosi, hanno causato epidemie. Fino al 2019 erano conosciute sei specie responsabili di malattie nell’uomo. Quattro ceppi – 229E, Oc43, NI63, Hku1 – sono diffusi e responsabili del comune raffreddore. Due, Sars-CoV (coronavirus della sindrome respiratoria grave) e Mers-CoV (sindrome respiratoria del Medio Oriente) sono di origine zoonotica (trasmessa dagli animali all’uomo) e responsabili di malattie spesso mortali.
Negli ultimi tre mesi del 2002, dalla provincia cinese di Guangdong il coronavirus fu trasmesso all’uomo dagli zibetti, mammiferi delle foreste del sud-est asiatico, allevati anche per commercio, contagiati dai pipistrelli. La malattia Sars-CoV (Severe acute respiratory syndrome), trasmessa all’uomo, causò 813 morti su 8.400 casi, con indice di letalità del 10% circa. L’epidemia fu debellata dopo sei mesi, nel marzo del 2003.
Nel settembre 2012 in Arabia Saudita ci fu l’epidemia da Mers-CoV (Middle east respiratory syndrome), causata da un ceppo mutante di coronavirus trasmesso all’uomo da dromedari infettati probabilmente da pipistrelli. Da allora fino al 2019 i morti sono stati 858 su 2.600 infettati, con un indice di letalità del 30%, tre volte superiore alla Sars. La Mers ha infettato cittadini in Europa e in molti altri Stati, viaggiatori provenienti dal Medio Oriente, Arabia Saudita, Emirati Arabi e Corea del Sud, con infezioni da focolai ospedalieri e trasmissioni tra pazienti a personale sanitario.
L’origine del contagio
A fine dicembre 2019 in Cina, nella città di Wuhan, provincia di Hubei, i sanitari hanno trasmesso i dati di pazienti con polmonite di origine sconosciuta, epidemiologicamente collegati al mercato all’ingrosso di prodotti ittici e animali vivi, come conigli, serpenti e animali selvatici. Il mercato agricolo della Cina è composto da centinaia di migliaia di piccoli allevatori, che dalla campagna portano per vendere, a uso commestibile, nei mercati delle città, animali di tutte le specie, anche selvatici, in condizioni igienico-sanitarie ben diverse da quelle dei Paesi occidentali ed europei.
In alcune settimane è stato identificato l’agente eziologico, mappato il suo genoma e verificata la modalità di trasmissione del nuovo coronavirus, il 2019-nCoV, che ha sequenze geniche dell’85% identiche al Sars-like dei pipistrelli. Il pipistrello sembrerebbe dunque il primo indiziato per la trasmissione dell’infezione all’ospite intermedio, in cui sarebbe avvenuta la mutazione con la capacità di contagiare l’ uomo.
In Cina il Covid-19 (così denominato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità l’11 febbraio) si è diffuso molto rapidamente, in particolare nella provincia di Hubei. I mesi di gennaio e febbraio sono stati drammatici, ma le misure restrittive hanno consentito di ridurre drasticamente il numero dei contagi. Il 6 marzo il numero di nuovi casi nazionali si è ridotto a circa 100 unità al giorno, numeri decisamente contenuti rispetto ai 1000 nuovi contagi giornalieri di due settimane prima.
Tre mesi dopo l’inizio della diffusione del Covid-19, nella provincia di Hubei non si sono registrati nuovi casi di contagio diretto, perciò le autorità nell’ultima decade di marzo hanno deciso di allentare le misure di contenimento. Secondo quanto dichiarato dal Premier Li Keqiang, il 24 marzo il contagio in Cina è stato interrotto.
Il 13 aprile viene però annunciato un nuovo focolaio a Suifenhe, città cinese al confine con la Russia. Al 17 aprile, il nuovo focolaio ha causato 322 contagiati e 4 decessi. Nello stesso giorno la Cina – come riportato dall’ANSA – rifà i conti del bilancio e aggiunge altri 325 contagiati e 1.290 morti, quasi tutti nella città focolaio di Wuhan. Il numero di morti in tutta la Cina sale così di quasi il 39%, arrivando a 4.632, mentre il portavoce del Ministero degli Esteri Zhao Lijian parla di «situazione non ancora sotto controllo».
Il 4 maggio i casi positivi certificati dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) nel Paese del Dragone sono 84.404, mentre i decessi legati al Covid-19 sono 4.643. I dati sono probabilmente sottostimati ed evidenziano un basso indice di letalità ma un alto indice di trasmissibilità, dato che, con sintomi meno importanti, molti non sono stati sottoposti a isolamento o sono stati messi in quarantena in ritardo. I pazienti con sintomi sospetti hanno comunque avuto le stesse cure di quelli diagnosticati.
La situazione nel mondo
Mentre in Cina la situazione volge al meglio, lo scenario nel resto del mondo è differente e, in alcuni casi, allarmante. L’infezione si è infatti rapidamente diffusa da Wuhan, 11 milioni di abitanti, e dalle aree limitrofe superando i confini nazionali della Cina. L’Organizzazione Mondiale della Sanità il 30 gennaio ha proclamato lo stato di “emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale”. Dopo la diffusione del contagio su scala globale, l’11 marzo il Covid-19 è stato dichiarato pandemia dal direttore dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus.
Il 4 maggio in Italia, uno dei Paesi più colpiti, i casi totali certificati dalla Protezione Civile dall’inizio dell’epidemia sono 210.717, di cui 82.879 guariti e 29.079 deceduti. Secondo i dati diffusi dall’OMS, a ieri negli Stati Uniti si sono registrati 1.154.985 casi totali di positività al Covid-19; spaventoso anche il numero dei decessi, che ammontano a 61.906.
In Europa il Paese più colpito fino a questo momento è la Spagna, con 218.011 casi confermati e 25.428 decessi. Tragico il bilancio in Francia, con 25.201 deceduti su 131.863 casi totali. La Germania ha il numero più basso di vittime (6.831) in rapporto al totale dei contagiati (163.860). La situazione attualmente più preoccupante si registra nel Regno Unito, dove il lockdown è stato prolungato: 190.584 i casi totali (28.734 deceduti), di cui 33.435 riscontrati negli ultimi sette giorni. Il 4 maggio l’OMS certifica nel vecchio continente 1.568.301 casi di positività al Covid-19 e 145.638 vittime.
L’Iran guida la triste classifica del Medio Oriente con 92.584 casi confermati; più tranquilla, al momento, la situazione in Sud America. A livello globale, l’OMS il 4 maggio certifica 3.489.053 casi di positività al Covid-19 e 241.559 deceduti in 202 Paesi.
Il tasso di letalità apparente a livello globale del 2019-nCoV risulta essere, secondo i dati del 3 marzo dell’OMS, ovviamente provvisori e incompleti, del 3,4%, contro il 10% della Sars, il 30% del Mers, il 50% dell’Ebola e il 60% dell’influenza aviaria H5N.
In attesa del picco dei casi a livello globale, presumibilmente non ancora raggiunto, e del successivo, inevitabile calo, è opportuno sapere che ad oggi non esiste alcun vaccino. Al momento sono in fase di ricerca e sperimentazione cure e vaccini specifici, per la cui preparazione ci vorranno ancora alcuni mesi tra studi, ricerche e sperimentazioni su animali e uomo. È comunque importante sottoporsi ogni anno al vaccino antinfluenzale, sia per prevenire un sovrapporsi di infezioni, sia per una più agevole diagnosi differenziale.
Luigi Palmas
Informazioni sul nuovo Covid-19
Incubazione: tra due e quattordici giorni, media cinque-sei.
Sintomi: segni iniziali simili all’influenza e sindromi parainfluenzali: febbre, tosse, cefalea, artromialgie, diarrea e disturbi gastrointestinali (meno frequenti); con polmonite interstiziale grave insufficienza respiratoria acuta.
Trasmissione: da persona infetta e sintomatica a un’altra tossendo, starnutendo, toccando con mani contaminate bocca, occhi, naso. Il contatto con sintomatici è la causa principale di contagio (OMS). La trasmissione da persona asintomatica è possibile, ma non è una via principale.
Precauzioni: lavaggio frequente delle mani. Evitare contatti stretti con chi ha sintomi influenzali: coprire naso e bocca in caso di tosse e starnuti (gomito interno e fazzoletti usa e getta); non toccarsi occhi, naso e bocca con mani non pulite; pulire e disinfettare oggetti e superfici che possono essere contaminati; no all’uso di mascherine chirurgiche in assenza di sintomi; se sintomi presenti usare mascherina chirurgica (non con filtro, solo per personale sanitario).
Trattamento: non c’è ancora terapia specifica. Non c’è ancora vaccino. Cure per sintomi da malattia: terapia di sostegno con supporto respiratorio. Trattamento con farmaci già utilizzato contro HIV ed Ebola. Gli antibiotici non servono, se non per cura di sovrapposizione batterica.
FONTI: OMECA n. 2 febbraio 2020
Dott. Gabriele Mereu, Responsabile vaccinoprofilassi Assl Cagliari
Dott. Goffredo Angioni, Infettivologo, Ospedale SS. Trinità
Protezione Civile – Ministero della Salute
Organizzazione Mondiale della Sanità