Covid-Sars2 e clima: emergenze. Perché?

di Luigi Palmas

 

La terra ha avuto cambiamenti climatici spesso molto violenti: in alcuni periodi è stato abitato solo l’ equatore, in altri anche il Polo nord e il Polo sud. Un grande errore è la presunzione di volerli fermare piuttosto che affrontarli.

Oggi l’umanità possiede immensi e innumerevoli strumenti scientifici e tecnologici per fronteggiarli. In questo momento stiamo dentro un’emergenza che è il rapporto fra la climatica e la sanitaria. L’emergenza climatica è stata dichiarata nel 2019 seguendo il fenomeno, costruito, Greta Thunberg. Dopo, non più sufficiente, si è giunti all’emergenza sanitaria. Oggi si deve ritornare all’ emergenza climatico-ambientale. Perché? La risposta è data dal fatto che non si riesce a dare una soluzione efficace agli impellenti cambiamenti dell’economia e della società, il cui più importante e necessario è l’abbandono della moneta a debito. In pratica oggi si ha la possibilità di immettere moneta di altra natura. Chi detiene il potere, a livello mondiale, sta cercando di farlo. Perché? La tecnologia è avanzatissima per la produzione dei beni materiali e un numero sempre minore di lavoratori servirà a fabbricare tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Nell’ immissione dei beni immateriali, specialmente i servizi di cura delle persone, dell’ambiente, dei beni esistenti, il fatturato si sta rivelando più basso del costo. Queste prestazioni, quindi, non possono essere governate secondo l’ economia di profitto, capitalistica. Esiste la soluzione: l’immissione di moneta non a debito. Questo miracolo, però, ha un piccolo incoveniente: distruggerebbe o danneggerebbe gravemente le grandi banche e le grandi multinazionali finanziarie, che hanno governato il mondo per secoli, o per millenni, prima possedendo e utilizzando l’oro e in seguito creando la moneta dal nulla. L’ intreccio che lega l’emergenza climatica a quella sanitaria, non potendo trovare soluzioni al problema economico, è quello che viene utilizzato per non dover entrare nel merito, aspettando… Come si è arrivati a tutto cio’? I vari modelli di capitalismo moderni sono stati sperimentati dagli anni settanta fino ad oggi. Il primo è stato quello del capitalismo espansivo, iniziato, dopo Bretton Woods, già nel 1944. Si è concluso al G7 di Tokyo nel 1979 e, in Italia, fino allo sciagurato divorzio del Tesoro, Ministro Beniamino Andreatta, dalla Banca d’Italia, Presidente Azeglio Ciampi, nel 1981. In quegli anni l’obiettivo delle imprese italiane era il massimo incremento delle vendite con l’aumento dei profitti, dei salari, dell’occupazione. Si era raggiunta la trasformazione della classe operaia in classe media, con un aumento del benessere per tutti. La classe politica aveva ideato di arricchire la popolazione per mezzo del disavanzo pubblico, finanziato a bassi tassi d’interesse. Se i titoli pubblici non venivano acquistati, interveniva la Banca d’Italia comprandoli e stampando moneta: metteva l’emissione monetaria al passivo e i titoli all’attivo. In questo modo l’ Italia è assurta al quinto posto tra le potenze economiche e al quarto posto tra le potenze manifatturiere dell’ intero pianeta. Gli italiani, però, hanno incominciato a dare fastidio un po’ a tutti: ai francesi, agli inglesi, agli israeliani, agli americani e ai russi. In questo contesto si può decifrare anche la vicenda Moro: il conflitto con Henry Kissinger, allora Segretario di Stato degli Stati Uniti. In un incontro nel 1976, Kissinger disse a Moro: “Non potete continuare a far crescere l’economia italiana del 3/4% ogni anno, perché state diventando più importanti di quello che noi possiamo sopportare. Hai finito.” Parole testuali di Kissinger. Rientrato a casa, Aldo Moro riferi’ alle uniche due persone di cui si fidasse, la moglie e il ministro DC Giovanni Galloni, padre di Giovanni. La moglie gli suggeri’ di dimettersi e di abbandonare la politica, avendone avuto paura. E non si sa, quella mattina del 16 marzo 1978, quando fu sequestrato, che cosa avrebbe detto, da Presidente della DC, in Parlamento. In questo periodo il capitalismo espansivo e l’economia mista di stampo keynesiano, non potevano essere ufficialmente attaccati perché funzionava benissimo ed era superiore all’ economia dei regimi comunisti. In questo contesto, nel 1968, nasce la teoria ambientalista del Club di Roma, sotto l’ impulso di Aurelio Peccei e di Alexander King, che, in pratica, sostiene una dottrina neo-malthusiana. In realtà, Malthus, economista e demografo inglese dell’ ‘800, però, aveva ipotizzato una teoria che poi, nel tempo, si rivelò sbagliata: dato che la popolazione mondiale cresce ad un ritmo superiore rispetto a quello in cui cresce la produzione di tutti i beni, compresi gli alimenti, in un certo momento la società collassa. La previsione di Malthus non si avverò, proprio perché gli uomini cominciarono a produrre di più a causa della crescita delle nascite e meglio con la crescita della tecnologia. Oggi abbiamo fin troppi alimenti. Ovviamente ci sono Paesi e popoli che hanno scarse risorse perché il sistema capitalistico mondiale deve far produrre solo tutto quello che si può rivendere con un adeguato profitto. Se non ci sono i soldi per comprare le merci, queste vengono accantonate, gli alimenti buttati. Si distrugge gran parte di ciò che viene prodotto. La soluzione non è la carità, pubblicizzata dalla Chiesa di Papa Francesco. E’ semplicemente sbagliato il modello economico. Oggi si può e si deve produrre disinquinando e stando tutti meglio, come una volta. La qualità dei cibi è importante: si può mangiare poco per essere soddisfatti e sani. I cibi degli iper pubblicizzati fast-foods invece non saziano e procurano malattie del benessere-malessere. I neomalthusiani ieri affermavano che se la popolazione mondiale era di 6 miliardi di individui, di cui un miliardo e mezzo ha tutto, crescerà tutta l’economia e ci saranno altri 5 miliardi di privilegiati. Le risorse, però, sono limitate, e quindi lo sviluppo non può essere illimitato. E’ lo stesso errore di Malthus nell’ ‘800: ipotizzare che il rapporto fra sviluppo economico e inquinamento sia possibile con un’equazione lineare. Esempio: se si produce 100 e si consuma 70, come risorse del pianeta, si produrrà 200 e si consumerà 140. Leconomia industriale, però, non funziona così. Al crescere delle quantità, man mano che l’umanità va avanti, il numero di agenti inquinanti e di risorse utilizzate (per unità di prodotto) diminuisce. In pratica: se oggi producessimo con le tecnologie di cent’anni fa tutto quello che attualmente produciamo, saremmo tutti morti. In realtà le tecnologie si sono evolute: oltre un certo punto c’è quindi una equazione differenziale, con derivate parziali, che ci dà la possibilità di capire che sì, dobbiamo “darci una regolata” per l’inquinamento da sviluppo, senza però regredire, perché in quel modo si condannerebbero i poveri a restare poveri, e tutti gli altri a morire per le malattie del benessere, che non sono quelle batteriche o virali, storicamente sconfitte nei paesi ricchi, ma quelle degenerative che derivano dai cattivi stili di vita e genetiche. Negli anni ‘80, dopo il divorzio fra Tesoro e Banca d’Italia, si fecero aumentare in modo erratico i tassi d’interesse sul debito pubblico: quindi il debito crebbe a dismisura e superò il Pil. Da allora si ha questo problema, un alto debito pubblico. Fino a prima del divorzio, avvenuto nel 1981, il debito pubblico italiano non raggiungeva il 60% del Pil. E là si sarebbe rimasti, se non si fosse introdotto l’aumento dei tassi d’interesse per dare al “mercato” il potere di “regolarci”, quando si sapeva, e si sa benissimo, che il mercato è uno sregolatore. Quindi, il ministero del Tesoro abbandonò il potere di decidere i tassi d’interesse e lo lasciò al mercato, cioè alle banche. Il risultato è stato disastroso. Quel modello anni ‘80 è crollato miseramente, perché distruggeva la solidarietà, che è il principale collante dell’economia, e fu sostituito con un terzo modello, il capitalismo finanziario, già sperimentato fino alla crisi del 1929 di Wall Street. Si è quindi tornati al capitalismo finanziario: grandi boom delle Borse, ma poi nel 2001 crisi delle Borse stesse. Quindi si è approdati a un quarto tipo di capitalismo, che si può chiamare ultra-finanziario. Cioè: mentre nel capitalismo di Borsa bisogna massimizzare il rendimento dei titoli azionari e questo lo si ottiene spesso riducendo in modo devastante l’investimento nell’economia reale, nell’occupazione e nei salari, nell’ultimissimo capitalismo ultra-finanziario, quello dei derivati e dei titoli tossici, all’economia reale non si pensa neppure più. Non è più un capitalismo di mercato: tutto è regolato da algoritmi matematici. E quindi nelle banche, nelle aziende e nei centri finanziari entrano i matematici, i fisici e gli informatici. Questo capitalismo ultra-finanziario ha come obiettivo non la massimizzazione del valore dei titoli, ma la massimizzazione del numero delle operazioni: quindi una follia. Siamo arrivati a 4 milioni di miliardi di dollari di debiti, cioè di derivati e “swap”, 54 Pil mondiali. In Italia ci si straccia le vesti perché il debito pubblico è quasi una volta e mezzo il Pil nazionale, ma non si dice niente sul fatto che il debito del pianeta è 54 volte il Pil terrestre. Importantissima fu la svolta sopraggiunta nel 2008: le banche centrali avevano iniziato a immettere moneta illimitatamente, per far fronte alle esigenze di liquidità, emerse con la crisi della Lehman Brothers, rimasta a secco: l’unico modo per far fallire la finanza è proprio la mancanza di liquidità. Ma si capisce benissimo che, per gestire i 4 milioni di miliardi di dollari (54 Pil mondiali), occorrevano almeno un 3-4% di liquidi: e non c’erano. Ed ecco la soluzione delle banche centrali: emettere moneta, soprattutto elettronica, in modo illimitato. Il sistema, però, non potrà continuare all’ infinito… Qual è la caratteristica di questo capitalismo ultra-finanziario e collateralizzato? Tutta questa moneta non deve arrivare all’economia reale. L’economia finanziaria va benissimo, perché va bene anche quando va male: stampano all’ infinito moneta a corso legale e, quindi, si pagano interessi e cedole, si allungano i tempi dei titoli tossici, eccetera… E quindi, paradossalmente, la finanza funziona sempre, a patto che, appunto, all’economia reale non arrivi niente. Le emergenze sanitarie e climatiche servono a calmierare il sistema, a tenere tutto e tutti sotto controllo, con la paura, il ricatto e il catastrofismo. Da qui, si ritiene, ormai da molte parti, che si implementi la nascita delle piattaforme finanziarie alternative, delle monete complementari, delle cryptovalute, del credito “fai da te” e di tante altre cose, che, per certi versi, rappresentano il futuro della reale economia, perché sono le eredi delle antiche cambiali, alla base del “miracolo economico” italiano. E anche le cambiali sono state fatte saltate per aria, con l’aumento dei tassi d’interesse: non era più conveniente accettare una cambiale perché il tasso fatto dalle banche era salito al 20%, mentre prima era solo del 3-4%. Da allora si è vissuto un delirio, un declino ininterrotto. E il conto l’hanno pagato tutti, ma soprattutto i giovani: questa è la prima generazione che ha meno opportunità rispetto a quelle di cui avevano beneficiato i loro genitori. Se ne potrà uscire solo con nuovi paradigmi economici e sociali, oltre che politici, altrimenti il Nuovo Ordine Mondiale, il potere globale economico-finanziario inghiottirà tutti.

 

Fonti

-NINO GALLONI, Economista, Saggista. Ha collaborato col Prof. Federico Caffè, Economista keynesiano, Università La Sapienza, Roma, dal 1981 al 1987. Già Direttore Generale al Ministero del Bilancio (Ministero dell’Economia) e del Lavoro. Docente presso l’Università Cattolica di Milano, la Luiss di Roma e le Università di Napoli e Modena.

-NINO GALLONI: ”Flipitaly”, 2021. -NINO GALLONI: Come è stata svenduta l’ Italia. La deindustrializzazione del nostro Paese raccontata da un “oscuro funzionario” che tentò di opporsi”, Byoblu Edizioni, Dicembre 2020.

NINO GALLONI: “L’ inganno e la sfida. Dalla società postindustriale a quella post-capitalistica. 2019: le ragioni di una crisi finanziaria”, Arianna, 2018.

-NINO GALLONI:Chi ha tradito l’economia italiana? Come uscire dall’emergenza”, Roma, Editori riuniti, 2013.

-NINO GALLONI: “Moneta e società. Gli effetti sociali delle politiche monetarie. Il caso italiano”, Edizioni Sì, 2013.

-NINO GALLONI: “L’economia imperfetta. Catastrofe del capitalismo o rivincita del lavoro?”, Novecento Editore, 2015.

-NINO GALLONI: “Capitalismo sociale vs Neo-Liberismo”, Movimento Roosevelt, 21 agosto 2016.

NINO GALLONI: “Serve moneta statale parallela all’Euro, Informazioni condivise, 16 aprile 2020.

NINO GALLONI: Coronavirus, l’ economista:”Stampare moneta o non ne usciremo vivi””, Adnkronos, 12 luglio 2020.

NINO GALLONI: Sito del Centro Studi Monetari presieduto da Nino Galloni, studimonetari.org.

NINO GALLONI: Articoli di Nino Galloni, formiche.net., articoli di Nino Galloni, Movimento Roosevelt.

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