Le atrocità nella realtà indiana

di Maria Angela Casula

Le notizie di cronaca nera che riportano i numerosi stupri e sevizie di donne e bambini in India, e che spesso si trasformano in vere e proprie esecuzioni, stanno diventando un fenomeno in forte crescita, fenomeno che però, purtroppo, in India non è una novità, solo se ne parla di più, perché ora il reato viene denunciato con maggiore frequenza, e le notizie rimbalzano nei giornali e televisioni di tutto il mondo creando un sentimento di vergogna che fa rabbrividire.

Le vittime sono di solito molto giovani, troppo spesso ancora bambine, alle quali viene rubata la cosa più preziosa, la loro spensieratezza e freschezza, subiscono una violenza disumana che porta persino alla morte e nel modo più barbaro che si conosca, come è accaduto ad una adolescente di 16 anni che è stata letteralmente massacrata e il suo corpo è stato trovato senza vita appeso ad un albero nelle campagne dell’Uttar Pradesh dell’India.

La scena dell’impiccagione di una donna nel villaggio di Katra Shahadatganj, nell’Uttar Pradesh
La scena dell’impiccagione di una donna nel villaggio di Katra Shahadatganj, nell’Uttar Pradesh

Un altro fatto molto grave è stato registrato il 12 giugno scorso nel distretto settentrionale di Bahraich dove è stato rinvenuto il cadavere di una donna appesa ad un albero dopo essere stata oggetto di una violenza sessuale da parte dei membri della mafia dell’alcool, oppure di una sposa di 35 anni violentata da alcuni membri della polizia nel distretto di Hamirpur dove si era recata per chiedere il rilascio del marito arrestato. Ma i casi non si fermano alle donne, perché anche un giovane ragazzo islamico è stato oggetto di una brutale violenza e poi ucciso. Alcuni fenomeni sono caratterizzati da violenze eseguite dal branco, in pubblico, magari su un autobus in movimento con la totale indifferenza dei presenti, come è avvenuto nel dicembre del 2012 quando una studentessa è stata violentata a morte a New Delhi. La maggior parte degli stupri e delle violenze si verificano nello stato dell’Uttar Predesh, nel nord est dell’India, tanto che è stato definito “la capitale degli stupri”.

L’India è un grande paese, pieno di contraddizioni, la patria di Mahatma Gandhi e dello spirito della non violenza, un paese però in cui da millenni le donne sono sempre state considerate dopo gli ultimi, e l’omicidio della moglie, lo stupro, l’abuso e la violenza erano fenomeni normali. La colpa era della vittima che per vergogna e pudore neanche denunciava il suo violentatore, spesso un familiare, che restava, e purtroppo, resta ancora impunito.

L’unica cosa che è cambiata rispetto a trenta anni fa è che le donne stanno denunciando le violenze subite e questo fa notizia, ma soprattutto sta generando un grande timore per le brutalità e aggressioni sempre più frequenti in India.

Tutti questi fenomeni stanno alimentando un forte dibattito sia politico che sociale, finalmente aggiungo, anche se per ora non si sono visti fatti o azioni concrete rivolte all’inasprimento delle pene e delle misure di protezione e sicurezza. Sicuramente è una situazione molto grave e di emergenza a livello sociale, che sta minando a livello internazionale la stessa immagine dell’India, e ciò che fa riflettere tanto è la barbarie e la crudeltà che porta alla morte delle giovani vittime, troppo spesso aggredite dagli stessi familiari, nella totale indifferenza e impunità.

La domanda che pongo è perché nessuno reagisce contro questi comportamenti bestiali. E’ vero ora le donne stanno iniziando a reagire con manifestazioni in piazza e proteste, ma mi chiedo cosa stia facendo di concreto la maggioranza dell’altra metà del cielo indiano. A sentire il ministro degli Interni dello Stato del Madhya Pradesh, Babulal Gaur, il quale ha affermato “A volte gli stupri sono giusti, a volte sbagliati”, non si sta facendo proprio niente, anzi sembra che la donna si vada proprio a cercare lo stupro e a volte la violenza subita viene considerata addirittura giustificata. Allora ci si chiede che colpa avrebbero le due sorelline violentate e strangolate da sette uomini, appartenenti alla facoltosa casta Yadav, che le hanno trovate in un campo a fare i loro bisogni, in quanto troppo povere per permettersi un servizio in casa, infatti appartenevano ai “dalit” ovvero ai senza casta.

Si tratta sicuramente di un fatto culturale basato sul concetto della supremazia maschile che sfocia nell’abuso delle donne considerate come oggetti di proprietà, sembra quasi che il venir meno di questo violento dominio maschile possa minare un sistema basato proprio sulla sopraffazione, tanto da non considerare responsabile un marito che violenta la propria moglie, in quanto ciò comporterebbe il crollo dell’intero sistema su cui si basa la società indiana.

Nell’era in cui viviamo non si può assistere ad un fenomeno così dilagante in un paese enorme come l’India, bisognerebbe mobilitare il popolo che pensa, sia a livello interno che internazionale, attraverso l’impegno delle organizzazioni mondiali che si occupano dei maltrattamenti degli esseri umani e a livello politico internazionale dovrebbero essere attivate azioni dure contro questo paese, al fine di obbligare il governo ad approvare e far rispettare rigidamente le norme contro le violenze e gli abusi sessuali.

Ma il lavoro più grande deve iniziare dalla popolazione dell’India, nelle scuole e all’interno delle stesse famiglie, anche grazie all’attivazione di politiche sociali di sensibilizzazione e di protezione, per permettere il diffondersi di un sentimento diverso dalla violenza e dalla sopraffazione sulle categorie più deboli e più povere; insomma l’India deve iniziare un percorso di evoluzione socio – culturale.