PD Decimomannu, il segretario Martino Deidda: «La politica è impegno sociale»

Medico, specialista in cardiologia, 42 anni, Martino Deidda è il segretario del Partito Democratico a Decimomannu. In un’epoca in cui tanti mettono in dubbio l’utilità dei partiti tradizionali, la sua è una scelta importante, a testimonianza che ancora qualcuno crede in questo tipo di associazione tra persone, accomunate da una medesima visione, identità, linea e finalità politica di interesse pubblico.

Lo abbiamo incontrato per un’intervista a ruota libera sul PD, a livello sia locale che nazionale.

Martino Deidda, segretario PD Decimomannu - foto Facebook Martino Deidda
foto Facebook Martino Deidda

Salve segretario. Da quanti anni è iscritto al PD? Come inizia il tuo interesse per la politica?
Credo di poter far risalire una matura presa di coscienza politica ai primi anni di università, all’epoca del primo governo Prodi, grazie alle lunghe discussioni con un collega di corso che sosteneva la parte antagonista alla mia; il confrontarmi con lui e con le sue posizioni mi consentì di focalizzare meglio le mie idee, di contestualizzarle e di approfondirne le basi. Quando venne costituito il PD, ne divenni subito un elettore convinto, ma presi la tessera solo nel 2014.

Ricopre la carica di segretario, da quanto tempo? Quali sono i compiti di un segretario di partito?
Sono stato eletto segretario di circolo nel 2017. Il segretario, fondamentalmente, rappresenta politicamente il Circolo nel quale è stato eletto, ne presiede l’Assemblea e ne promuove e coordina le attività.

A Decimo il partito ha una storia quantomeno particolare, figlia della spaccatura all’interno dei DS di non troppo tempo fa. È stato ricucito lo strappo o vi sono ancora due anime?
Il problema del PD è, a tutti i livelli, la persistenza di troppe anime. L’idea di Veltroni era quella di un grande partito che potesse rappresentare la sintesi di tutte le grandi tradizioni politiche confluite nel nuovo soggetto; purtroppo tale sintesi è rimasta inattuata e – anzi – si assiste ad una sorta di processo contrario, per cui le varie sensibilità del partito mostrano una tendenza centrifuga piuttosto che centripeta, con periodiche scissioni che sembrano voler ricreare lo status quo ante.

Lei è stato candidato nella lista (civica) dell’attuale sindaca Anna Paola Marongiu alle ultime comunali. È davvero finito il periodo delle coalizioni di centrosinistra e centrodestra?
Credo che lattuale esperienza della Giunta Marongiu sia molto positiva, ma in futuro ritengo possibile un ritorno ad una dialettica bipolare, soprattutto se lo scenario politico nazionale dovesse confermare il trend attuale.

Allarghiamo lo sguardo alla regione. Il centrosinistra ha perso le elezioni; come valutare l’operato di maggioranza e opposizione sinora?
La Giunta regionale e la maggioranza che la sostiene hanno finora dimostrato una totale inadeguatezza, con poche idee molto confuse (e pericolose, come i 200 mila euro stanziati per gli esami prevaccinali, che nulla hanno di scientifico), o la perniciosa ciclica riproposizione della teoria secondo cui costruire sul mare sia una soluzione ai problemi economici della Sardegna, e un’intrinseca incapacità di realizzarle. L’annuncio dell’impossibilità di approvare in tempo utile la finanziaria, con il conseguente esercizio provvisorio, da parte di una Giunta e di un Consiglio regionale che non sembrano poter passare alla storia per l’attività non dico legislativa ma quantomeno programmatica, è emblematico. D’altra parte, l’opposizione non mi sembra che stia riuscendo ad organizzarsi nel proporre da subito una valida alternativa. C’è bisogno di una riflessione di ampio respiro sui problemi e sulle risorse della Sardegna, di un progetto valido ed innovativo, che sappia modernizzare l’isola senza denaturarne il patrimonio storico-culturale e naturale. È necessaria un’idea di Sardegna che possa essere condivisa, che sappia entusiasmare e far sperare, che possa disegnare un ruolo centrale della nostra Terra nell’ambito italiano e del Mediterraneo intero. Ma, per farlo, il PD deve riprendere a volare alto, deve saper ascoltare, elaborare, proporre, affabulare.

Questione nazionale. Il partito è di nuovo al governo, se l’aspettava?
Non mi aspettavo un ritorno al governo in questa legislatura e non sono entusiasta della maggioranza parlamentare; ci sono troppe differenze con il M5S e sono contrario all’idea di un’alleanza strutturale. Tuttavia, era necessario cercare di dare all’Italia un’alternativa a quanto il governo giallo-verde aveva proposto durante i mesi di attività e l’occasione fornita proprio dal leader leghista (Salvini, ndr) meritava di essere colta, a prescindere dagli effetti elettorali. Chiaramente mi auguro che il PD sappia essere più incisivo di quanto non abbia dimostrato in questi primi mesi e che possa ritrovare quello slancio ideale che manca e la cui carenza ha contribuito ad allontanare tanti simpatizzanti.

La scissione di Matteo Renzi, ex segretario del PD. Può aprire spazi al centro o sarà corsa ai medesimi voti?
Credo che il partito di Renzi, così come il soggetto di Calenda, possano aumentare la possibilità di scelta per chi non si riconosce nei toni e nelle idee di una destra che si sta progressivamente radicalizzando ed allontanando dall’alveo dei grandi partiti della destra europea. Interloquire con ItaliaViva e con Azione per poter creare una alternativa politica valida mi sembra inevitabile; sarà però fondamentale trovare un accordo di governo sui contenuti ed evitare i continui personalismi che affliggono purtroppo una vasta parte del panorama politico italiano.

Cosa dire del movimento delle “sardine”?
Le sardine hanno avuto la capacità ed il merito di scuotere dal torpore, forse dalla rassegnazione, quanti sono contrari alle politiche e alle pratiche della Lega e dei partiti satellite, cosa che l’opposizione politica, il PD soprattutto, non è stata in grado di fare. L’importante è rendersi conto che se il dissenso non diventa azione politica, rimane sterile. Con questo non intendo dire che il movimento delle sardine debba organizzarsi in un nuovo partito, ma che è necessario che i valori che esprime nelle piazze si realizzino nel voto, per una formazione nuova o per una esistente; lopposizione civile e culturale è fondamentale quando si è minoranza, ma per poter trasformare un ideale in realtà è necessario diventare maggioranza e vincere le elezioni.

Chiudiamo con una richiesta, una confidenza. Ecco, non è esattamente “di moda” fare politica, figuriamoci… in un partito. Chi glielo fa fare? Cosa può dare all’Italia di oggi il mondo dei partiti, nella fattispecie il PD?
Credo che fare Politica, nel senso alto del termine, sia una forma di impegno sociale, un modo per cercare di disegnare un futuro migliore per un paese, una regione, uno stato o, per gradi progressivamente crescenti di organizzazione, un insieme di Stati. Amo la Sardegna e sono convinto che abbia le risorse per “rivelare qualcosa a se stessa e agli altri di profondamente umano e nuovo”, citando le parole di Emilio Lussu; per realizzare questo obiettivo, è necessario che ciascuno, nei limiti delle proprie capacità e possibilità, si impegni in prima persona. Un partito rappresenta la forma organizzativa che permette di trasformare le volontà singole in azione politica efficace, organizzata; garantisce la possibilità di crescere con il confronto delle idee, di programmare progetti realizzabili, di mantenere un contatto ed un dialogo continuo con i cittadini che condividono ideali e obiettivi. Il PD, soprattutto nella sua conformazione originale, può rappresentare ancora, nonostante i tanti limiti, una risorsa per quanti si riconoscono nell’area del centro-sinistra.

Matteo Portoghese

Vulcano n° 102 – (intervista realizzata prima dell’emergenza coronavirus)

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