1917: il cinema di Sam Mendes ci porta nella Grande Guerra

La notte degli Oscar si avvicina e con ben 10 candidature gareggia anche il nuovo film di Sam Mendes, 1917, dal 23 gennaio distribuito anche in Italia da 01 Distribution. Il film ha già vinto due Golden Globe per le categorie “Miglior film drammatico” e “Miglior regista”.

Il titolo non lascia dubbi sul tema: prima guerra mondiale, anno 1917. Ci troviamo nel fronte occidentale, in Francia, presso la Linea Hindenburg. I protagonisti sono due soldati inglesi, Tom Blake e William Schofield (interpretati rispettivamente da Dean-Charles Chapman e George MacKay) che hanno il compito di recapitare al Colonnello Mackenzie (Benedict Cumberbatch) l’ordine di bloccare un’azione militare che si rivelerebbe fatale per ben 1600 soldati, tra cui il fratello di Blake (Richard Madden). L’azione militare rischia infatti di condurre un intero battaglione in una trappola tedesca.

Mendes non è nuovo al cinema di guerra, suo è anche Jarhead (2005) relativo però alla ben più recente guerra del Golfo svoltasi tra 1990 e 1991. In quest’utimo film il regista si è invece ispirato ai racconti del nonno Albert H. Mendes, che combatté nella Grande Guerra e di cui leggiamo il nome e la dedica prima dei titoli di coda.

Il ricordo di racconti semplici e genuini hanno portato Mendes e la co-sceneggiatrice Krysty Wilson-Cairns a orchestrare un film dalla storia altrettanto semplice ma efficacemente trasmessa al pubblico tramite un impianto formale che ha dello straordinario. L’intero film è montato come se fosse un unico long-take: non ci sono cut visibili all’occhio dello spettatore che segue costantemente i protagonisti lungo le trincee, nella terra di nessuno e nelle località devastate dal conflitto. Ben sei mesi di prove hanno preceduto le riprese, durate 65 giorni e svoltesi nel Regno Unito, che hanno visto la realizzazione di diversi lunghi piani sequenza assemblati poi perfettamente nel montaggio finale. Questo grazie alle tecnologie utilizzate abilmente da tutto lo staff e in particolare da Roger Deakins, maestro della fotografia cinematografica che già con Blade Runner 2049 vinse l’Oscar per la categoria. A lui si devono soprattutto le straordinarie soluzioni luministiche sia diurne sia notturne: in una scena in particolare è sublime l’orchestrazione dei bagliori che nella note illuminano un’intera città demolita, segnando un paesaggio quasi onirico.

Per il resto, le riprese perlopiù esterne hanno visto un impiego molto attento della luce naturale, omogenea in tutte le riprese. Essendo infatti la narrazione strettamente legata alle tre unità aristoteliche (tempo, spazio e azione), non potevano esserci cambi di luce repentini, perché la durata del film corrisponde quasi totalmente alla durata dell’azione narrata. Al problema si è ovviato effettuando le riprese in giornate nuvolose, senza che la luce del sole proiettasse così ombre troppo nette e incoerenti con la narrazione.

Coerente è anche l’unico cut del film, esattamente a metà della narrazione: è contestualizzato perfettamente nella storia e consente la presenza di bellissime scene notturne, ma soprattutto si carica di significati veicolando al meglio il messaggio del film. Messaggio enfatizzato in ogni momento dalla splendida colonna sonora di Thomas Newman che scandisce le sensazioni dei personaggi in ogni scena, dalle più commoventi alle più tese, dai momenti di stasi a quelli più dinamici, senza mai risultare di facile retorica.

Tutti i virtuosismi tecnici non servono a creare un mero esercizio di stile ma a rendere diretto e chiaro il contenuto del film. Quando si parla di film che trattano il tema della guerra, si può far riferimento a film “di” guerra o a film “sulla” guerra. I primi hanno storie ambientate in quel contesto ma non sempre ne sanno analizzare il significato esistenziale per l’essere umano. I secondi ci riescono. Ne sono un esempio film come Apocalypse Now (1979) o La sottile linea rossa (1998) che alla storia uniscono le riflessioni di un’umanità che nella guerra si perde e si ritrova nei contesti più estremi. 1917, con la sua storia semplice, con poche battute e senza i monologhi dei capolavori appena nominati, coi suoi protagonisti interpretati da attori non molto conosciuti (sebbene circondati da un cast di grande rilievo), sembra essere un semplice film di guerra. Ci si potrebbe aspettare la classica visione dicotomica per cui i buoni inglesi cercano di sconfiggere i cattivi tedeschi, ma non è così. 1917 ci mostra quanto spietate siano le strategie dei Generali e dei Colonnelli nei confronti dei loro sottoposti e ci offre varie visioni della guerra attraverso i brevi dialoghi tra i due protagonisti. Emerge la disumanità di chi «vuole solo combattere» – come dice il capitano Smith, interpretato da un sempre impeccabile Mark Strong – che si contrappone all’umanità di chi invece vuole salvare delle vite.

1917 è un film che con la sua accuratissima ricostruzione storica, con grande attenzione alla scansione del ritmo narrativo, grazie a un’ottima colonna sonora, e con la definizione del tempo come vero nemico, si inserisce nello stesso filone cinematografico di Dunkirk (2017) di Christopher Nolan. È il filone della guerra come follia dei pochi che sfruttano i molti nelle loro azioni belligeranti, espressa in un film apparentemente scarno nei contenuti ma in realtà ricco di sottotesti colti e stratificati, che Mendes ha curato omaggiando splendidamente la memoria verso coloro che parteciparono realmente al primo conflitto mondiale. Film “sulla” guerra, a pieno titolo, da non perdere.

Marta Melis

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