Decimomannu. Il sarcofago di donna Violante Carros. Clicca e guarda il video a cura di Salvatore Bellisai

 

Video a cura di Salvatore Bellisai

 di Alessio Caria

 

Il sarcofago di donna Violante Carros è custodito all’interno della cappella cimiteriale di Decimomannu, anche se questo reperto non è tuttavia parte della storia del paese, ma lo è diventato a pieno titolo a seguito delle vicende che lo hanno caratterizzato da circa 100 anni.

Varchiamo l’ingresso del cimitero decimese e percorriamo il lungo viale alberato ammirando “IL Calvario”, la croce centrale su obelisco che si erge al centro, e giungiamo alla cappella ove vengono celebrati i riti della sepoltura. Sul lato sinistro di essa è collocato in bella evidenza un sarcofago, ben conservato, corredato da due targhe descrittive. Antistante l’altare può essere anche ammirato un pregevole “Cristo morto”, in pietra, dello scomparso scultore di Decimomannu Edoardo Pala. Il sarcofago è realizzato in pietra calcarea e ha dimensioni di mt. 2,04 di larghezza, mt. 0,63 di altezza e mt 0,58 di profondità. Tre motivi circolari caratterizzano la parte frontale del sarcofago: al centro è riprodotta una croce stilizzata mentre ai lati è riprodotto il leone rampante, simbolo del casato dei Carròs.

 

 

Dopo questa premessa alcune domande sorgono spontanee: Perché questo sarcofago si trova a Decimomannu? Da quanto tempo, dove e da chi è stato custodito? Ma, soprattutto, chi era Donna Violante Carròs? Il sarcofago viene ricordato storicamente per essere stato destinato alla sepoltura di Violante Carròs, contessa di Quirra, figlia di Giacomo che fu Conte di Quirra e vice re di Sardegna, vissuta tra il 1456 e la fine del 1510. È stato ipotizzato che il sarcofago non sia stato realizzato per la circostanza della morte di Violante bensì della nonna, Donna Eleonora Manriquez de Lara, morta nel 1437. A partire dal 1469, all’età di appena 13 anni, Violante divenne erede del patrimonio del casato comprendente il vastissimo feudo di Quirra, la Marmilla e il Monreal, governando lo stesso fino agli inizi del 1500.

La sua tumultuosa vita si svolge tra Cagliari, il castello di S. Michele, la meno nota residenza nel quartiere Castello, la chiesa di S. Francesco in Stampace e le residenze di Ales e di Quirra. Ad appena tre anni, nel 1459, rimase orfana di madre e dopo neanche 10 anni verrà a mancare anche il padre: la sua sorte e l’amministrazione dei suoi averi saranno condizionati dalle iniziative dello zio Nicolò Carròs, Vicerè di Sardegna, nominato dal padre morente come esecutore testamentario e tutore della giovanissima Violante. Il castello di S. Michele a Cagliari fu la sua residenza principale, cui si aggiunsero nel corso della sua vita quelle di Ales (Barumeli) e Quirra. Con la morte del padre per Violante iniziò un lungo e doloroso calvario. A soli tredici anni venne data in sposa al cugino Dalmazzo che morirà da lì a poco. Divenuta vedova, venne privata di ogni libertà ed avere dalla scellerata gestione dei suoi beni da parte dei suoceri e di uno zio. Dopo un anno dalla morte di Dalmazzo, Violante conobbe Filippo de Castre-So, cugino del defunto marito, e la sua vita ebbe uno sprazzo di felicità suggellato dalla nascita di due figli: Filippo e Giacomo.

La sua gioia, tuttavia, fu breve. Anche Filippo, dopo solo tre anni di matrimonio, venne a mancare prematuramente e Violante rimase ancora una volta sola, schiacciata da enormi problemi di natura finanziaria. Ma la sorte doveva ancora assestarle altri due duri colpi: infatti, nel 1503, a poca distanza l’uno dall’altro, moriranno anche i suoi due figli, poco più che ventenni. Ai dolori familiari si aggiunsero in quegli anni per Violante diversi altri problemi. Dovette infatti affrontare due processi: Il primo per questioni di natura patrimoniale; il secondo viene ricordato come “la questione delle sepolture” che la vide, lei fervente cattolica, impegnata contro i suoi stessi parenti per difendere la legittima collocazione spettante alla sua tomba e a quella dei suoi familiari, all’interno della chiesa di S. Francesco di Stampace.

Le disgrazie non erano tuttavia terminate. Ciò che avvenne poco dopo fu per Violante talmente funesto da farla precipitare in un baratro profondissimo. Si macchiò infatti di un grave ed efferato crimine, un tempo divulgato come macabra leggenda e oggi ritenuto dagli storici un fatto realmente accaduto. Si narra che, intorno al 1508, fece impiccare nella sua residenza di Ales il suo padre spirituale e confessore, Giovanni Castangia, cappellano di Bonorcili. Incerti i motivi di questo brutale delitto. Varie le ipotesi: una è quella che la Contessa amasse il suo confessore e, non corrisposta, lo fece assassinare; la seconda tesi invece è che fu lui, dopo aver consumato il suo amore appassionato con Violante, a togliersi la vita sconvolto dagli scrupoli di coscienza. La terza è quella di una legittima punizione che Violante comminò al suo procuratore, reo di aver abusato o mal gestito i poteri conferitigli dalla Contessa.

Sta di fatto che il crimine ebbe come conseguenza la scomunica, la prigionia e la privazione di tutti i beni. Da quel momento Violante passa alla storia come donna crudele, spietata ed assassina tanto da subire l’appellativo de “la sanguinaria” . Per difendersi e far valere le sue ragioni riuscì a fuggire in Spagna e rivolgersi al Re Ferdinando II dal quale ottenne il perdono e la restituzione di tutti i beni. Pentita per quanto commesso, ottenne anche l’annullamento della scomunica dal Vescovo di Ales Mons. Giovanni Sanna, primo vescovo della diocesi Ales-Terralba, elargendo in cambio cospicue donazioni a favore della chiesa diocesana che consentirono la costruzione della prima cattedrale consacrata nel novembre del 1507.

Rientrata quindi in Sardegna, Violante si ritirò, umile e penitente, in un chiostro poverissimo, all’esterno della chiesa di S. Francesco in Stampace di Cagliari ove, alla sua morte, venne sepolta in un sarcofago in pietra custodito dai frati sino alla metà del 1800. Nei decenni successivi la chiesa e il convento caddero in rovina e le aree, divenute demaniali, vennero messe in vendita dallo Stato ai primi del 1900. L’area in cui sorgeva la chiesa venne acquistata dalla famiglia Cao-Pinna di Cagliari che rinvenne tra le macerie il sarcofago, recuperandolo e trasferendolo poi in una loro residenza nel centro abitato di Decimomannu. Si può ipotizzare che essi non colsero inizialmente l’importanza del reperto, notevolmente usurato dal tempo e trasformato prima in “abbeveratoio per animali” e successivamente in “contenitore per fiori “. Solo intorno al 1930 la sensibilità di Leonilde Sacerdoti, consorte del conte Ottavio Cao Pinna, figlio dell’acquirente dell’area demaniale, ipotizzò la rilevanza storica del sarcofago. Di ciò trovò conferma, da parte dell’allora giovane archeologo Giovanni Lilliu che la rese edotta della storia di Violante Carròz.

L’immobile ove il sarcofago venne collocato fu acquistato nel marzo del 1969 da Marco D’Acunto, imprenditore agricolo del luogo, originario di Minturno (Latina) che acquisì anche il sarcofago mantenendolo da quel momento in custodia conservativa, all’interno della proprietà in cui risiedeva, unitamente ad altri interessanti reperti marmorei di varie epoche storiche. Nel 1970 l’immobile venne venduto all’amministrazione comunale che lo destinò alla costruzione del nuovo municipio e della antistante piazza, tuttora cuore pulsante della vita decimese. Scomparso Marco D’Acunto, nel 2003, la titolarità della custodia del sarcofago è proseguita in capo al nipote Salvatore Bellisai, artefice sin dalla metà degli anni ‘80 ad oggi dell’integrale suo recupero e valorizzazione, unitamente ai restanti beni storici citati.

Risulta singolare la curiosità e l’iniziativa che animarono Salvatore Bellisai di voler effettuare un primo restailing del sarcofago. Le condizioni del reperto, come detto, erano pessime. Essendo sempre stato all’esterno, era annerito dall’azione degli agenti atmosferici, mancante di un pezzo della parte inferiore, colmo di terra e pietre sino all’orlo che ne facevano un blocco indurito e quasi impossibile da rimuovere. Ricordiamo che tale ricolmo di terra venne fatto da parte dei primi detentori unicamente per collocarvi dei vasi di fiori, dopo essere stato per anni utilizzato come abbeveratoio per animali. Si diede pertanto inizio, non senza difficoltà, alla rimozione del blocco di terra e pietre e con il grande interrogativo che al suo interno potesse ritrovarsi qualcosa. Invece non fu rinvenuto assolutamente nulla.

Il sarcofago aveva tuttavia ritrovato almeno la sua forma originaria. Una prima pulizia delle pareti esterne, seguite subito dopo, consentirono di riportarlo ad un buono stato di conservazione e collocazione in un punto più adeguato, visibile ai passanti e alle numerose persone che nel corso degli anni lo hanno visionato, a volte fugacemente altre con attenzione, curiosità o vivo interesse. Nel 2001, un primo suggello di tale impegno di recupero: il sarcofago viene esposto per due anni presso l’Antiquarium Arborense di Oristano in occasione della mostra “I castelli dell’Arborea”. La custodia, cura e valorizzazione del sarcofago, dal 1969 al 2009, da parte di D’Acunto prima e Bellisai poi, ha consentito pertanto, per quarant’anni, un’ampia fruizione da parte di studiosi, scolaresche e privati cittadini.

Nel febbraio 2005, per iniziativa del periodico locale “Vulcano”, si è svolta la conferenza dal titolo “Donna Violante Carròs: vita e sarcofago“ a cura della dr.ssa Donatella Salvi la cui ampia relazione è stata pubblicata nel libro “Per una riscoperta della storia locale : la comunità di Decimomannu nella storia” edito dall’Arci Bauhaus- Vulcano nel 2008. Da diversi anni associazioni culturali operanti a Cagliari propongono visite guidate al castello di S. Michele e al quartiere cagliaritano di Stampace per far conoscere le vicende e disavventure di Violante Carròs e del sarcofago. Numerosi inoltre gli scritti e pubblicazioni degli ultimi trent’anni che hanno trattato di Violante, di cui alcune citate a margine del presente scritto.

 

Un pensiero riguardo “Decimomannu. Il sarcofago di donna Violante Carros. Clicca e guarda il video a cura di Salvatore Bellisai

  • 20 Maggio 2021, 17:26 in 17:26
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    Peccato che si dia poca importanza alla Storia locale. Il concetto di Storia è difficile insegnarlo e farlo interiorizzare. Sarebbe molto più facile partire da queste storie per arrivare alla Storia. Complimenti Alessio

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