Gli USA e le armi

di Anna Luisa Salis

Nella recente cronaca italiana ciò che ha lasciato il maggior sgomento nell’opinione pubblica, sono state le notizie relative alle ultime sparatorie in America avvenute per mano di giovani perché spinti da un ideale personale non per forza di matrice politica o terroristica, o perché affetti da infermità mentali. Dall’inizio dell’anno ci sono state 18 di queste stragi compiute nelle scuole con parecchie decine di morti, tutti di età giovanissima.
Ciò che desta più preoccupazione non è la presenza di ideologie che oggettivamente o soggettivamente possono essere giudicate errate, ma quanto proprio le stesse possano provocare la morte di decine di cittadini di uno Stato proclamato, da sempre, liberale.

La domanda che sorge è: come mai questo fenomeno si verifica sempre più spesso negli USA? O ancora: perché, dato il numero consistente dei morti e delle stragi, il governo statunitense non prende nessuna posizione al riguardo? Per rispondere bisognerebbe partire da un aspetto ormai conosciuto da tutti, ovvero che l’accostamento America-armi è un connubio quasi perfetto, basti pensare infatti alla stessa elezione dell’attuale presidente D. Trump che è stata appoggiata dalle cosiddette “lobby” degli armamenti e all’accordo USA-Iran sul nucleare tanto caro allo stesso Trump.

Riguardo l’amministrazione Obama, c’è da dire che il Senato nel 2013 (più precisamente il 17 Aprile) bocciò la proposta di legge sulle armi che principalmente, in base agli emendamenti contenuti nel testo originale, poneva l’accento su un maggiore controllo sugli acquisti delle armi da fuoco (specialmente da parte degli affetti di malattie o disturbi psichici accertati). La stessa bocciatura, in quanto ultima su un ipotetico testo di legge con riferimento alle armi da fuoco, conferma il conflitto di interessi tra le lobby delle armi e i politici nordamericani. Infatti chi per proprio tornaconto è contrario a queste normative è l’NRA, sigla che sta per National Rifle Association (associazione che si occupa di coloro che sono in possesso di armi da fuoco) e che nel 2012 ha finanziato per circa 650mila dollari gran parte degli esponenti repubblicani e per una quota minore quelli democratici.

Ora è chiaro che fino a quando questi importanti soggetti terranno in mano la politica del loro paese la situazione non cambierà e più sono in grado di compiacere quelli che sulla carta devono essere i rappresentanti del popolo, più le opposizioni non saranno in grado di fornire un’alternativa adeguata data la mancanza dei numeri; anzi, qualora ci sia un opposizione o, al limite, un politico che propone una normativa più restrittiva in materia, questa potente lobby si appella (come è successo) al Secondo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti facendo così pressione sull’opinione pubblica a cui ricorda: “Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato liberale una ben organizzata milizia, il diritto dei cittadini a detenere e portare armi non potrà essere infranto” (sec. Emendamento).

Data l’espressione contenuta addirittura in costituzione non bisogna perciò sorprenderci dalla realtà che quasi tutti gli americani posseggano un’arma da fuoco e a conferma di ciò un report del Congressional Reserch Service ha accertato che paradossalmente gli Usa ospitano il 4.4% della popolazione terrestre e il 42% dei civili armati nel mondo. Altrettanto vero, però, è il fatto che in diverse circostanze si è interpretata in maniera differente la norma in questione proprio per evitare fraintendimenti ed equivoci su un diritto che sulla carta e di fatto è alla pari del diritto di voto e di espressione.

Le conclusioni di tutti quelli contrari alla facile dotazione di armi concordano su una maggiore presa di posizione da parte della politica ma, se il problema è proprio nell’incapacità della classe dirigente, è chiaro che una forte carenza sul piano della tutela dei diritti fondamentali potrebbe far entrare in crisi l’intero sistema di sicurezza e giustizia dello Stato. Inoltre, bisognerebbe procedere con l’estraniamento di qualsiasi conflitto di interessi dalla politica dello Stato, in quanto i rappresentanti del popolo devono garantire la maggior tutela possibile nei confronti degli elettori senza essere influenzati da lobbies, imprenditori, finanziatori (ecc.) che metterebbero in crisi gli stessi principi dello stato liberale.

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