Il Covid-19 come killer del malinteso europeo?

Da qualunque parte lo si voglia prendere, ci troviamo di fronte ad un momento epocale della storia dell’Occidente neoliberista. Le vicende legate al Covid-19 cambieranno forse per sempre la nostra vita, le nostre abitudini, le nostre speranze.

Spesso sono state le condizioni materiali a cambiare radicalmente (epidemie, carestie, scoperte ed invenzioni epocali, conquiste politiche devastanti, stragi inimmaginabili, etc.), ora sarà, probabilmente, la percezione della sicurezza e della vita stessa e del suo significato a mutare radicalmente, specialmente nelle giovani generazioni che non hanno mai vissuto nulla del genere.

Occorre molto equilibrio e molta prudenza per dire, su questa questione, cose che possono aiutare a riflettere e a provare a capire, anche a costo di andare oltre le grancasse mediatiche che, come sempre, suonano tutte la stessa canzone, sebbene ora, con una parte dell’Europa che dice ostinatamente “no”, la musica sembra stia cambiando.

Prima di ogni cosa, però, è assolutamente necessario e doveroso abbracciare forte e fraternamente l’intera schiera di coloro che, a costo della propria stessa salute, hanno combattuto una durissima battaglia: fisica e spirituale allo stesso tempo. Fisica, per gli ovvi motivi di rischio personale che ad ogni istante essi hanno corso per assolvere a quella che vivono come missione più che come soltanto professione; spirituale, perché sulla loro immane fatica si costruiscono e si narrano ipocrisie che meriterebbero ben altro che la vetrina quotidiana alla quale dobbiamo assistere. Mi riferisco al dato, ormai indiscutibile, che il motivo fondamentale del sacrificio di questi eroi non sta tanto e soltanto nel Covid-19, quanto nella sconsiderata politica di tagli allo stato sociale che la scriteriata politica dell’austerity ha portato avanti in questi anni: dalla riforma (leggi “privatizzazione”) del SSN del 1992, al governo Monti e fino ad oggi, quando la sanità ha potuto contare su ben 37 miliardi di euro in meno.

La pesante eredità economica e sociale, e quindi politica, di quanto sta accedendo in queste settimane è difficilmente calcolabile: non c’è dubbio che, se dovesse dipendere da una parte dei nostri partner europei (Germania e Olanda, per esempio), noi potremmo anche fare la fine della Grecia.

Anche la questione dell’origine, tanto dibattuta e non ancora (e forse mai lo sarà) compiutamente risolta, fa parte della domanda essenziale: chi e perché ha voluto questa situazione o essa è frutto del caso?

La situazione di pesante tensione geopolitica, la guerra biologica come mezzo di guerra ormai sdoganato (e ampliamente già applicato) dagli staff militari di mezzo mondo, l’irrilevante qualità politica e morale di importanti parti delle odierne classi politiche, la potenza ipnotica dei media e quella invasiva nel bene e nel male di Internet, le nanotecnologie e gli straordinari sviluppi dell’Intelligenza Artificiale in mano ad esseri, noi, il cui cervello è in fondo lo stesso di 200.000 anni fa (lo dicono gli studiosi, non io), lasciano aperti ampi spazi alle teorie più catastrofiche (e non per questo necessariamente improbabili) spesso, poi, a distanza di tempo rivelatesi non lontane dalla realtà.

Rimane la faccenda economica e sociale, quella sì pesante e decisiva per il futuro di noi tutti. E anche qui potrebbe esserci una novità importante, buona, finalmente. Ripeto: potrebbe.

Si è parlato del rischio di cadere preda del MES, di doverci indebitare al di là dei limiti del patto di stabilità (peraltro disinnescato) e di doverne, poi, pagare le conseguenze in fatto di cessione di sovranità e beni nazionali. Ma tramite Financial Times, è sceso in campo un pezzo da novanta, uno di quelli che possiamo tranquillamente additare come uno dei responsabili (assieme ai Prodi, D’Alema, Amato, Ciampi e compagnia) della nostra situazione di asservimento ai poteri plutocratici mondiali: parlo di Mario Draghi. Ebbene, ora è proprio lui a sostenere che, in questo drammatico frangente in cui l’intero sistema economico occidentale rischia di finire a carte quarantotto, è ora di finirla con l’austerity e che gli Stati devono potere finanziare la propria economia anche in deficit (d’altronde, ricorda, le due guerre sono state finanziate dal debito pubblico, recuperato nelle successive ricostruzioni), che prima di tutto occorre evitare un irrecuperabile crollo del sistema produttivo, etc. Definisco bella questa notizia perché, per fare ciò, occorrerà modificare profondamente le istituzioni europee, renderle veramente democratiche (elettive, intanto) e non più orientate soltanto a succhiare il sangue ai popoli a vantaggio di ristrette élites finanziarie. La Germania ingoierà il rospo e rinuncerà a trattarci come la Grecia? Sapremo, e vorremo, trovare strumenti finanziari ed alleati alternativi? Lo vedremo nell’immediato futuro.

Gianni Rallo

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