Le ragioni del SÌ e quelle del NO: il dibattito ospitato da Vulcano al Teatro Antica Valeria di Decimo (all’interno il video integrale della conferenza)

 

a cura di Matteo Portoghese

 

La sala teatro Antica Valeria di via Aldo Moro a Decimomannu ha ospitato l’incontro-dibattito sul tema del referendum costituzionale di domenica 20 e lunedì 21 settembre 2020. 
La consultazione referendaria è stata  stato indetta per approvare o respingere la legge di revisione costituzionale dal titolo “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari“.
Originariamente previsto per il 29 marzo 2020, il referendum è stato rinviato a questo weekend a seguito della pandemia di COVID-19.

All’incontro – organizzato da Vulcano e ARCI Bauhaus – hanno partecipato Eliseo Secci (Partito Democratico) e Alessandra Zedda (Forza Italia) in rappresentanza del fronte del NO, Emanuela Corda e Federico Garau (entrambi Movimento 5 Stelle) in rappresentanza del fronte del SÌ. 
Moderava Sandro Bandu, direttore responsabile del periodico di Decimomannu, Assemini, Uta, Decimoputzu, Villaspeciosa e Villasor, assieme ad Alessio Caria e Andrea Piras della redazione. 

 

Ingresso del pubblico contingentato a causa delle restrizioni antiCovid-19, ma partecipazione che è stata numerosa sia dal vivo (nei limiti della capienza ridotta da dette misure, ndr) che tramite la diretta live su Facebook (sulla pagina ufficiale del giornale). 

In apertura, la sindaca di Decimo Anna Paola Marongiu ha ringraziato il giornale per l’organizzazione dell’evento, ringraziando anche i relatori perché «parlare, riflettere, condividere e anche non condividere determinate posizioni porta sempre a dei risultati, a dare un contributo per scelte importanti». 

Ad ogni ospite sono stati concessi 5 minuti di intervento per esporre le ragioni della propria scelta referendaria; seguiva poi il dibattito con le domande dei redattori del nostro giornale. 

Emanuela Corda – M5S

Ha aperto le danze Emanuela Corda, deputata per il Movimento 5 Stelle, eletta sia nel 2013 che nel 2018: «Sono venuta qua per esporre le ragioni di questo SÌ, che è innanzi tutto una battaglia di principio, che va di pari passo con la battaglia per la riduzione delle indennità dei parlamentari. Qualcuno, nel dibattito sui social, ribadisce che sono soprattutto gli stipendi a essere importanti e a essere troppo alti e io vorrei ricordare che noi già da tempo portiamo avanti la riduzione degli emolumenti. Lo facciamo come Movimento 5 Stelle e abbiamo cercato di portare a livello legislativo questo tipo di intervento ma non c’è stata possibilità di accordo con le altre forze politiche per questa riduzione degli stipendi. Per quanto riguarda questo referendum, sul taglio del numero dei parlamentari, inizialmente c’è stata una “battaglia” a livello parlamentare, tradottasi poi in una comunione d’intenti: la legge costituzionale è già stata votata in parlamento, da tutti; ci sono stati diversi passaggi tra Camera e Senato, la legge è stata condivisa ampiamente. A questo punto mi domando come mai coloro che hanno votato a favore del SÌ e quindi del taglio… oggi si schierino per il NO. È una cosa che francamente non riesco a chiamare se non “incoerenza”, o addirittura “menzogna”: prima hai raccontato delle cose e dopo fai la giravolta, decidi che non va più bene. A questo “giochino” non ci stiamo e credo che i cittadini italiani siano abbastanza intelligenti da capire che quando si prende una decisione specialmente a livello istituzionale poi bisogna avere il coraggio di andare fino in fondo. Un’altra cosa deprecabile è che non ci sia assuma le proprie responsabilità: alcuni capi di partito vanno in giro a dare indicazione per il SÌ e poi invece dalle segrete stanze partoni gli avvisi per scatenare la battaglia del NO. Questa cosa offende l’intelligenza dell’intero arco parlamentare e dei cittadini chiamati ad esprimersi. Aggiungo inoltre che, secondo la mia modesta opinione, il taglio non è importante solamente per i costi ma perché anche noi siamo chiamati a dare un esempio di sobrietà, di etica. C’è bisogno soprattutto in questo momento, in cui il paese sta uscendo da esperienze dure come la pandemia, il Covid, la sofferenza di tante aziende, tanti cittadini stanno pagando ancora oggi che è derivato da questa tragedia… e noi parlamentari non facciamo niente? Non diamo una dimostrazione che vogliamo armonizzare, risparmiare, fare sintesi, sburocratizzare (riducendo il numero, anche i lavori saranno più snelli)? Non cambierà nulla dell’iter legislativo, le due camere continueranno a fare il loro lavoro, è soltanto uno snellimento di un apparato che sta diventando ridondante. Questo non deve però avallare le teorie di chi dice che i parlamentari sono tutti dei fannulloni; non lo accetto: a livello etico dobbiamo dare un esempio, rendere più efficiente la macchina del parlamento e le istituzioni, in un rapporto più diretto coi cittadini, col governo e le istituzioni… ma questo non significa che i parlamentari sono tutti dei parassiti. Ce ne sono alcuni che non lavorano e io taglierei loro tutto lo stipendio. Non è insomma giusto demonizzare la figura del parlamentare ma bisogna ristabilire una fiducia tra cittadini e parlamentari». 

Alessandra Zedda – Forza Italia

Secondo intervento a cura di Alessandra Zedda (Forza Italia), consigliera regionale e Assessore del Lavoro, Formazione Professionale, Cooperazione e Sicurezza Sociale nella giunta guidata da Christian Solinas: «Proprio per le ragioni appena citate da Emanuela mi trovo dall’altra parte, che è quella del NO. Mi spiego: se l’antipolitica, che ha contraddistinto questo ultimo periodo nel nostro paese, avesse dato delle risposte diverse, ci fosse stato un cambio di passo negli ultimi anni e tutto fosse ricondotto a una mera riduzione e taglio drastico del numero di parlamentari… tutti parleremo di altro, staremmo qui a parlare di un bel paese. Invece ora, anche a causa della pandemia, siamo ancora tutti racchiusi in questa drammatica crisi e non credo che svilire il parlamento nella sua rappresentatività sia la soluzione. In questo senso, voglio dare un dato: c’è 1 senatore ogni 190 mila abitanti; questo lo dico soprattutto da sarda: se vivessi in un’altra regione d’Italia magari più rappresentata… la vedrei probabilmente in un’altra maniera. Ma devo pensare alla mia Sardegna, che oggi è poco rappresentata in parlamento. Non entro nel merito della qualità dell’apporto che danno i parlamentari, ma resto al dato della rappresentatività: la nostra è poca rispetto ad altre regioni, certo legata al numero di abitanti ma comunque poca, e se la riduciamo ancora già verrà meno questo elemento. Per di più, sono convinta che un taglio drastico senza una riforma di supporto se non mascherato da taglio della spesa pubblica e del numero che fa tanto presa sui cittadini, dobbiamo andare a guardare l’impatto a livello di funzionamento, quanto incide sui cittadini, sui nostri comuni. Allora mi viene da dire – sarò nostalgica o “anacronistica” in questo, non ho problemi – che io ho nel DNA un’idea di istituzione, ho “sposato” le istituzioni, da dipendente pubblico, è stata questa la mia carriera voluta, così come il mio impegno in politica che è servizio e sostegno alle istituzioni che ho rappresentato dopo aver chiesto ai cittadini. Ho fatto dalla circoscrizione, poi comune, provincia e regione e non ho mai rubato 1 euro; parto da un concetto diverso. In passato ho avuto la fortuna di lavorare con dei padri nobili, persone che portavano lustro alle istituzioni e oggi se ne trovano pochi; io stessa non credo di dare “lustro” ma ogni giorno ci provo. È cambiato il sistema, essendo venuto meno questo rapporto con l’istituzione. Io non quantifico l’operato nell’indennità, ma nel ragionamento: per me un parlamentare può prendere anche il doppio, l’importante è che dia il contributo in termini di valore aggiunto, qualità delle leggi e nel rappresentarle, che mi fa capire che l’Italia sta andando verso la riscossa, il cambiamento, che possiamo riparlare di politica industriale, dei trasporti, commerciali, società più giusta, rispetto di chi è in disagio, dei più fragili e bisognosi: questo sta mancando oggi e non lo riscontriamo nel numero ma nella qualità. […]. Il taglio lineare dei parlamentari non è oggi la soluzione e avrei votato NO anche se fossi stata in parlamento». 

Federico Garau – M5S

Federico Garau, 28enne, consigliere comunale a Iglesias nonché candidato sindaco alle ultime comunali, esponente del Movimento 5 stelle, si è espresso a favore del SÌ: «Questo è il primo referendum in cui siamo chiamati a prendere una decisione su una sola domanda. Qualcosa di simile ci è stato chiesto sette volte, ma ogni volta con dei pacchetti e delle sottoleggi. Questa volta siamo semplicemente chiamati a dire SÌ oppure NO alla riduzione del numero dei parlamentari. Per quanto mi riguarda, finalmente siamo liberi di scegliere, non dovremo stare attenti agli inganni e sottoarticoli di legge che stravolgono tutto, come invece è accaduto nel 2017. Partirei smentendo uno dei cavalli di battaglia del fronte del NO, la ripartizione dei rappresentanti territoriali. Molti fanno terrorismo psicologico nei confronti degli elettori, specialmente dei meno informati che non sanno che la rappresentanza non è per territorio ma per numero di abitanti. Ancora, questa rappresentanza sarà più equa a livello di territori, colmerà alcune lacune elettive oggi presenti. Il primo caso è quello dell’Abruzzo: 600 mila abitanti, elegge 7 senatori; noi siamo quasi il doppio, ma ne eleggiamo solo 8. Questa nuova ripartizione andrà a distribuire in modo più omogeneo i parlamentari. È una riforma-referendum che tutela le rappresentanze: tutti i seggi verranno ripartite in modo equo. In questi anni, inoltre, abbiamo visto il crescere a dismisura il numero dei consiglieri regionali e provinciali: tutti siamo rappresentati a livello territoriale. Dire che con il taglio c’è una diminuzione della rappresentanza è assolutamente una falsità. Significa, è vero, ridurre il numero degli eletti in parlamento ma aumentarne la qualità. Ricordo una cosa: questo taglio vorrà dire che ogni parlamentare avrà un più ampio raggio di persone da rappresentare e sarà una persona riconoscibile: tutti lo potranno ricordare. Oggi non è così: sfido chiunque qui a ricordare chi lo rappresenta. D’ora in poi, avere una persona che rappresenta una più ampia platea significherà avere una persona con una più ampia responsabilità nei confronti del territorio. Inoltre, snellire il parlamento significherà avere un iter di legge più snello. […]. Non sottovalutiamo inoltre i costi: molti lo sviliscono e parlano di “un caffè per ogni italiano”; eppure, gli stessi dimenticano che il risparmio che si avrà con la riduzione andrà rapportato col bilancio del Parlamento e vista così l’intervento è molto più incisivo. È almeno 40 anni che i cittadini si lamentano e chiedono un cambio di stile di vita dei parlamentari e così via: è un segnale che si dà a tutti. Molti lo hanno richiesto e saranno chiamati a votare su questo. […]. I padri della nostra costituzione, penso a Conti, Ambrosini ed Einaudi; proprio quest’ultimo diceva che il numero dei parlamentari è inversamente proporzionale alla qualità del parlamento stesso. A noi serve un parlamento snello, specialmente oggi in questa situazione economica e sanitaria, e ci serve poter legiferare in qualità e celerità». 

Eliseo Secci – Partito Democratico

Eliseo Secci, attualmente dirigente del PD, già sindaco di Decimomannu nonché consigliere e assessore regionale, è intervenuto a favore del NO all’ipotesi di modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione: «Dopo una prima risposta di entusiasmo alla richiesta di Sandro di partecipare, sono stato assalito dai dubbi. Essi riguardano la possibilità di uno che rappresenta la mia esperienza politica di poter ancora in qualche maniera dire la sua in un contesto di questo genere. Sono un esponente del PD e decido di votare NO: non sono solo; ho firmato assieme a tanti altri l’appello di Rosi Bindi a votare NO e ne condivido le ragioni. Prendo comunque atto positivamente che stasera sto sentendo da parte dei rappresentanti del SÌ ragioni molto diverse da quelle che in questo periodo hanno tempestato i social e la politica in generale. Tante persone, tanti amici, semplificano la cosa con due elementi essenziali: risparmiamo i soldi che rubano i lazzaroni e mandiamo a casa i nullafacenti. Ecco, io credo che qui vada chiarito un punto: non è il cittadino che sta screditando la politica, ma la politica che si serve del cittadino per screditarsi a sua volta. Io vengo da una generazione in cui c’erano avversari politici, ideologie, appartenenza per “fede”; adesso siamo all’appartenenza alle ragioni dell’ultimo momento, dello slogan che riesce meglio. Ora, mi chiedo come abbiano fatto certi a votare la legge in parlamento e a passare ora al NO. Le riforme costituzionali non si fanno per accordi di governo, ma si fanno con la comunità che deve vivere in presenza di diversità. La nostra Costituzione è stata votata all’unanimità dai partiti che uscivano dalla guerra! Da allora in poi tutte le riforme costituzionali (Berlusconi, Renzi) sono state prima votate in parlamento e poi respinte dal popolo. Io votai SÌ alla riforma Renzi, poi bocciata dai cittadini, che proponeva di cambiare veramente il parlamento, di superare il bicameralismo paritario, di andare a snellire davvero il lavoro del parlamento e lì il M5S ha votato no… il problema non è ridurre i parlamentari (li voleva ridurre anche Renzi). I costi della politica, gli emolumenti sono una cosa seria, che va rispettata; io sono stato consigliere regionale per 15 anni e mi devo vergognare? Mi rifiuto di essere messo nella categoria dei farabutti e cerco di spiegare perché. Mi chiedo: come si deve finanziare la politica in questo paese? Un mio caro amico su FB mi ha scritto una volta di leggere lo Statuto Albertino, che parlava della funzione del senatore, fatta “senza nessun compenso”. Questo lo richiamo per una cosa essenziale: i senatori del regno erano conti, marchesi, gente insomma che non aveva bisogno di prendere emolumenti e che curava i propri interessi di bottega. Io sostengo che, come dice la nostra Costituzione, i cittadini sono tutti uguali davanti all’Italia e hanno il diritto ad assurgere ai più alti scranni del nostro sistema parlamentare. Come si fa questo, senza mezzi? Prendevo 10 mila euro da consigliere regionale e ne portavo a casa meno di un terzo, perché il resto mi serviva per fare la politica, che ha un costo. […]. Dico queste cose perché bisogna tornare a ragionare, altrimenti perdiamo veramente la battaglia. Sul risparmio, penso all’evasione fiscale: se il parlamento davvero si impegnasse e recuperasse, non dico tutto ma almeno un terzo dell’evasione, avremmo introiti pari a due finanziarie. Sono queste le cose che devono impegnare la politica: la qualità la fanno i politici. Ora in parlamento ci si arriva per caso; nella mia generazione, in tutte le forze politiche, ci si arrivava dopo 20 anni di passaggi: si sapeva quel che si andava a fare. […]. La politica è una cosa che si impara facendo politica, al livello massimo delle istituzioni ci si arriva dopo un percorso condiviso coi cittadini». 

Agli interventi dei relatori hanno fatto seguito le domande dei redattori di Vulcano, che è possibile ascoltare tramite il video della diretta live su FB (a partire dal minuto 47:00). 

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