A Monte Arcosu concluso il monitoraggio del cervo sardo
di Alberto Nioi
Come ogni mese di settembre, anche quest’anno le montagne del basso sulcis sono state il teatro di uno degli eventi più affascinanti e coinvolgenti a cui un amante della natura possa partecipare: il monitoraggio della popolazione di cervo sardo. Sono state l’Agenzia Forestas, che ha condotto le attività all’interno delle foreste demaniali, e la Provincia di Cagliari, che invece ha operato nel resto del territorio che costituisce il Sito di Interesse Comunitario “Foreste di Monte Arcosu”, a chiamare a raccolta, le schiere di volontari che tra l’8 e il 17 settembre, hanno pacificamente invaso i diversi settori di territorio da monitorare. Ovviamente il cuore di queste attività è stata l’oasi naturalistica del WWF, fra i territori di Uta, Assemini e Siliqua, ultima roccaforte del cervo sardo negli anno ’80 (si contavano circa 100 esemplari) e oggi regno indiscusso di questo meraviglioso ungulato presente in circa 1500 esemplari.
Sul finire dell’estate i maschi di questa specie, mutano le proprie abitudini, e da schivi e solitari diventano gregari e più audaci. L’estro delle femmine in calore li spinge a vincere la loro proverbiale timidezza e talvolta ad esporsi alla vista più di quanto non accada nel resto dell’anno. Settembre è un mese di fatiche per i cervi maschi, che ritornano come ogni anno nel loro territorio di riproduzione a costituire e difendere l’harem di femmine con cui si accoppierà. Ma solo i maschi più forti hanno questo privilegio, li chiamano i “sultani”. Lo status di maschio “alfa” li costringe ad una vigilanza costante perchè i giovani maschi ormai maturi sessualmente sono tanti e incombono minacciosi. L’harem è il paradiso ma può diventare l’inferno, soprattutto per un cervo anziano, che preso fra attività riproduttiva, difesa del territorio e talvolta scontro fisico, stremato, prima o poi soccomberà ad un rivale più vigoroso. La stagione degli amori vista da noi umani è la stagione dei bramiti, il primo degli “avvertimenti” che il “sultano” lancia a chi lo insidia. Il bramito è il suo verso e lo si può sentire con maggiore intensità dopo il tramonto, solo per qualche settimana, anche perchè per il resto dell’anno non serve: il cervo è l’animale più pacifico e timoroso del mondo, non ne avrebbe bisogno.
Questa peculiarità ha spinto li studiosi a perfezionare un metodo di monitoraggio della specie che si basa proprio sulla stima degli esemplari maschi che a settembre bramiscono in un dato areale. È sorprendente percepire la presenza di tanti cervi la notte e di giorno non vederne mai neppure uno, se non in rari casi. Ecco perché per stimarne della popolazione, come ogni anno, si rinnova un “rito” che ha un sapore magico, che evoca atmosfere della tradizione religiosa, quella che mette insieme fede e paganesimo, l’incontro fra l’uomo e l’animale, che mai come in questo periodo dell’anno si troveranno vicinissimi.
L’avanzare silenzioso dei volontari che taglia il buio della macchia con i led delle torce, porta alla mente la processione di fedeli che rinnovano il proprio voto ad un dio, e lui si manifesta, c’è! Il verso gutturale dei bramiti risuona nel silenzio della notte, interrotto solo dal canto degli assioli e dal grugnire di qualche cinghiale. Gli umani per qualche ora assistono a questo cantu a “cuncordu” in devoto silenzio, lo spettacolo che li ha avvicinati al “dio” della foresta si ripete un’altra volta. Poi la processione riprende la via del ritorno, le torce si spengono, lasciando solo le stelle ad illuminare il bosco. Il censimento è finito, e per i volontari sino a notte fonda sarà ancora una volta festa.