Il leader della FIOM-CIGL Maurizio Landini a Cagliari
È una bellissima mattina, manca il sole, ma arriverà. Infatti si arriva in piazza del Carmine a Cagliari e ci si trova in mezzo al lago rosso delle bandiere che, sventolando in allegria, illuminano la giornata. La fiumana è lì, pronta per la partenza del corteo che si porterà in piazza Garibaldi, dove a chiudere gli interventi sarà il leader della Fiom-Cgil Maurizio Landini.
In piazza del Carmine si respira aria di festaiola protesta. I manifestanti arrivano da tutte le parti della Sardegna a riempire uno spazio e a creare un corpo che non ha più voglia di sentire proclami di una politica sorda e bugiarda. Un corpo che conosce bene i problemi di una società sgretolata dalle decisioni politiche falsamente ammantate di rosso. La piazza ha bisogno di riprendersi gli spazi e lo fa in questo modo: affidandosi a un’organizzazione sindacale che ha 5 milioni di iscritti da cui, quando le esigenze si fanno impellenti, nascono leader capaci e caparbi nel dire no a chi vuol distruggere i diritti dei lavoratori. È vero, si dice, in tutti questi anni il sindacato ha sofferto tantissimo dovendosi piegare alla sottrazione di diritti e alla fragilità della rappresentanza che ne è conseguita. Ma a tutto c’è un limite.
Il sindacato sono i lavoratori e non solo l’organizzazione in se e per se; sono cioè, coloro che, sempre più poveri per via delle retribuzioni sempre più basse e per l’aumento della disoccupazione dalla percentuale incontrollabile, stanno provando sulla loro pelle quello che, con consapevole previsione, il mondo della finanza ha causato a cominciare dal 2007, anno del fallimento del grande gruppo finanziario britannico Lehman Brothers, ossia una crisi finanziaria senza precedenti. Ora i lavoratori si sono accorti che qualcuno che li accusa di ideologizzazione sta tramando per avere un mondo a piena disposizione dell’alta finanza. Ci si accorti che i continui attacchi alle garanzie del mondo del lavoro non possono più essere giustificati da esigenze plutocrati che legate a tassi di interesse e a guadagni di speculazioni finanziarie di un gruppo ristretto di grandi capitalisti mondiali che, allo stesso tempo, sta dettando le agende dei governi degli stati nazionali.
Il mondo, è vero, è cambiato. Ma a cambiarlo, oggi i lavoratori si sono accorti, è stata una parte-mondo che per antonomasia non sopporta regole: la finanza speculativa. Una parte-mondo che pretende di ridurre a oggetto ciò che oggetto non: i lavoratori. I lavoratori hanno un corpo-oggetto, ma posseggono anche una coscienza fatta di relazioni e di sentimenti che non può essere ridotta a semplici algoritmi che pretendano e prevedano quale sarà il comportamento futuro che porterà alla massimizzazione di profitti e dividendi.
Di ciò dimostra di essersi accorto il leader Landini, quando alla platea chiede se sappiano a chi l’Italia sta pagando gli interessi sul debito pubblico italiano. Nessuno della piazza ha risposto, ma è lo stesso Landini a rispondere che li paghiamo alle banche tedesche. Allora chiede perchè l’assenza delle politiche industriali; perchè l’assenza degli investimenti nella ricerca; perchè, invece, interventi sulla riforma della scuola tendente alla creazione di un sistema che privilegi gli elitari che la possano frequentare; perchè, infine l’attacco all’articolo 18 dello statuto dei lavoratori e all’abrogazione del divieto di controllo a distanza per mezzo di dispositivi nei luoghi di lavoro, a tutto ci dice – una sola risposta: la creazione, o meglio la conversione dei lavoratori in schiavi moderni.
E con questa consapevolezza che le persone alle 13.30 del 25 novembre del 2014 ammainano le bandiere rosse al canto di “Oh bella ciao” e lasciano piazza Garibaldi; bandiere che non finiranno nello scantinato, ma che riprenderanno il vento domani, giovedì 27 ad Abbasanta e il 12 dicembre, giorno dello sciopero generale.