Oltre, molto oltre il Grande Fratello
di Gianni Rallo
Le grandi piattaforme social – Google, Facebook, Amazon, Apple, Microsoft – “acquisiscono” i nostri dati (ma noi non sappiamo fino a che punto) e, dopo averli aggregati e costruito l’identità digitale (ID) di ciascuno di noi, li vendono a carissimo prezzo alle imprese, trasformandoci tutti in “prodotti” da piazzare sul mercato. Ma ci sono conseguenze devastanti che non dovremmo accettare con troppa leggerezza…
Stanno aumentando in numero e qualità d’analisi i testi che si occupano di studiare e far conoscere al grande pubblico i meccanismi che nelle società contemporanee sottostanno al binomio informazione-manipolazione: è davvero ormai difficile, infatti, sfuggire alla riflessione su questo tema, come, d’altra parte, su altri grandi temi che ci toccano da vicino ma sui quali le idee non sono sempre chiare. Penso al fenomeno dei cosiddetti big data, agli onnipresenti algoritmi, allo sconcertante potere di piattaforme come Facebook o Amazon, alla sorveglianza di massa (di cui non si conoscono, però, né i veri promotori né i veri scopi), alla cosiddetta Intelligenza Artificiale (I.A.), per non parlare del famigerato 5G di cui non si vuole proprio esaminare seriamente la pericolosità. Partirei da una frase che in quasi tutti questi testi (almeno in quelli da me consultati) ricorre, prima o poi: “il vero prodotto (in vendita, n.d.r.) siamo noi e niente è gratuito”.
E’ una frase importante e drammatica allo stesso tempo. Per comprenderne il significato sarà utile partire da alcune brevissime note sulla storia di Internet. Siamo nel 1983, la rete militare Arpanet ha esaurito il suo compito e viene sdoppiata dando vita ad una nuova rete (un insieme di reti, per la verità) ad uso civile: Milnet. Sto semplificando, il meccanismo è più complesso di così, ma possiamo dire che da quel momento l’uso civile di Internet prende piede, nascono siti e blog dove vengono scambiate informazioni, opinioni, idee, cooperazioni. La grafica è ancora elementare ma la possibilità di comunicazione immediata da una parte all’altra del mondo affascina davvero tutti, anche se i primi servizi sono a pagamento. Le imprese commerciali vedono in questo nuovo mezzo una ulteriore straordinaria possibilità di trasmettere pubblicità. La modalità fu la stessa di quanto già avveniva tramite televisione e radio: banner, identici per tutti, ad ogni pie’ sospinto. Ma ci si dovette rendere conto che gli utenti erano interessati a comunicare, a condividere, più che ad acquistare e che, quindi, i ricavati delle vendite non giustificavano il costo che gli inserzionisti dovevano pagare per le loro pubblicità. Allo stesso modo, i minimi costi imposti agli utenti non erano remunerative per le piattaforme: occorreva dare una svolta. Siamo ormai negli anni ’90 ed è in quel periodo che viene messo a punto il sistema di cui stiamo parlando: poiché gli utenti erano interessati a condividere davvero tutto della propria vita e poiché quelle informazioni potevano essere estremamente utili per “orientare” gli utenti stessi verso certi acquisti piuttosto che altri, le piattaforme cominciarono ad acquisire e organizzare tutti i dati forniti in rete e a costruire poderosi database in cui le vite digitali degli utenti cominciarono ad essere sufficientemente delineate e tali da poter essere vendute alle imprese che su quelle informazioni rimodularono le loro inserzioni pubblicitarie, ma, attenzione, non più proposte indifferentemente a tutti, bensì in modo specifico ad ogni utente. Siamo ormai alle soglie del XXI secolo e tutti avrete notato che ciò che ci appare sul monitor di pc, smartphone o tablet non è lo stesso per tutti: dalle pubblicità alle news. E sì, anche le news perché piattaforme come Facebook aggregano le notizie a seconda delle preferenze di ognuno di noi e solo quelle ci mandano chiudendoci, di fatto, in una “nicchia contestuale” individuata da un algoritmo. Inoltre, il servizio è diventato apparentemente gratuito ma, in realtà, nulla è gratuito. Le informazioni sui nostri gusti, desideri, tendenze, idee, propensioni, etc., i big data insomma, sono merce preziosissima – stiamo parlando di noi, della nostra vita, badate – e hanno reso ricchissime queste piattaforme, al punto da renderle capaci di condizionare anche il nostro pensiero, il nostro voto, la politica, in definitiva. Ecco che ormai Facebook (a cui circa 2.000.000.000 di persone sono iscritte), Amazon, Google, Apple, Microsoft sono le vere padrone del mondo. Lo strumento operativo (e segretissimo) è l’algoritmo. Senza scendere nei dettagli, si tratta di istruzioni operative fornite secondo una certa sequenza e basate su determinati criteri per raggiungere uno scopo. Ciò che importa è rendersi conto che non si tratta di formule matematiche il cui risultato è indiscutibile. Gli algoritmi lavorano con precisione sì matematica, ma a partire da criteri umani, tutt’altro che infallibili o necessariamente etici: inutile insistere sul fatto che, trattandosi di entità private, le piattaforme mirano prima di tutto al proprio utile. Ovvio rimarcare, di conseguenza, che una simile potenza manipolatoria in mani sbagliate può cambiare la storia del mondo. Se così stanno le cose, è difficile contestare che la politica mondiale sia condizionata dall’interesse di pochi privati, O.M.S. compresa, fondamentalmente finanziata, com’è, da Bill Gates e Big Pharma.
Credo necessario, sulla scorta di quanto esposto, parlare, sia pure non diffusamente, anche di altre conseguenze e, per certi versi, cause di questo stato di cose. I media, ad esempio, ritenuti spesso voce di libertà e democrazia, non parlano di tutto questo o distorcono la faccenda mostrando solo i lati positivi, che pure ci sono, dell’eterna connettività a cui siamo condannati (pensiamo ai nostri cellulari come “spie” involontarie del nostro muoverci e comunicare, ad esempio), né mettono nella necessaria evidenza quanto tutto ciò sia l’esatto contrario della tanto sbandierata democrazia.
Anche la scuola – da noi particolarmente disastrata, anche da ministri incapaci probabilmente messi lì proprio per questo -, luogo di nascita del futuro e delle possibilità stesse della sopravvivenza del genere umano, non può sfuggire a quel meccanismo: l’insegnamento a distanza, la semplificazione dei percorsi, l’accorciamento dei tempi di formazione, la riduzione del corpo docente a una massa di infelici travet mal pagati e tuttofare, la squalificazione dell’umanesimo a vantaggio del tecnicismo rendono impossibile la coltivazione del senso critico: che sia questo il vero obiettivo di tanto sfacelo, creare competitissimi zombie incapaci di sollevarsi? Perché in mancanza di un senso critico capace ed onesto non resta che l’obbedienza cieca e ottusa o l’accusa di complottismo tout court: la parola “verità” non è contemplata. Piuttosto, temuta.
Così Edward Snowden, il geniale tecnico informatico dell’Intelligence Usa che ha deciso di divulgare documenti segretissimi dai quali emerge il processo di costruzione di una colossale architettura digitale in grado di assicurare una capillare sorveglianza mondiale, individuo per individuo, da parte dei servizi segreti Usa – architettura alla quale lui stesso ha contribuito essendone, di conseguenza, diretto testimone -, ha pagato caro lo straordinario coraggio di aver scelto di obbedire alla Costituzione americana piuttosto che allo Stato americano, cioè alla linea politica del momento; non è la stessa cosa: se dovessimo obbedire alla nostra Costituzione, molti nostri politici sarebbero in galera invece di vendere aria fritta ai gonzi. E poi c’è Julian Assange e la sua Wikileaks. Entrambi perseguitati e condannati per spionaggio in base ad una legge del 1917, al tempo della Grande Guerra, l’Espionage Act. Ma la guerra, oggi, è contro di noi cittadini, contro ogni nostra libertà e diritto. Apriamo gli occhi, amici, prima che il prosciutto cominci a puzzare.
Bibliografia minima:
Lanier Jaron, Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social, il Saggiatore 2018
Chiusi Fabio, Nessun segreto – Guida minima a Wikileaks, Mimesis 2011
Snowden Edward, Errore di sistema, Longanesi 2019
Mancini Paolo, Il post-partito – La fine delle grandi narrazioni, Il Mulino 2015
Morozov Evgeny, L’ingenuità della rete, Codice 2011
Morozov Evgeny, Internet non salverà il mondo, Mondatori 2014
Sandel Michael J., Quello che i soldi non possono comprare, Feltrinelli 2018
Pireddu Mario, Algoritmi, il software culturale che regge le nostre vite, Collassi 2017
Delmastro, Nicita Antonio, Big data. Come stanno cambiando il nostro mondo, Il Mulino, 2019
Nagle Angela, Contro la vostra realtà. Come l’estremismo del web è diventato mainstream, LUISS 2018
Kaiser Brittany, La dittatura dei dati. La manipolazione attraverso i big data, HarperCollins 2019
Della Luna Marco, Tecnoschiavi. Controllo totalitario, Arianna 2018